Una piccola riflessione sul programma del prossimo Festival di Venezia, l’edizione numero 80, probabilmente l’ultima firmata da Alberto Barbera, spero di no, Barbera ha lavorato bene e meriterebbe la riconferma ma si sa come vanno le cose in Italia, che governino questi o che governino quelli. Una piccola riflessione non del tutto allineata agli applausi pressoché unanimi che hanno accompagnato la presentazione del cartellone. Un cartellone impressionante, non c’è dubbio, malgrado la mancata inaugurazione con il nuovo Guadagnino rinviato da Amazon a quando Hollywood non sarà più in sciopero e la diva Zendaya potrà promuovere il film su tutti i tappeti rossi del mondo. Al posto di “Challengers” aprirà il “Comandante” Favino diretto da De Angelis, e magari sarà un bel film ma non è la stessa cosa e comunque pazienza, conta che lo scenario peggiore, la defezione in massa dei titoli Usa, non si sia verificato: sospiro di sollievo generale.
Un Concorso pieno di nomi altisonanti, da Fincher a Besson, da Hamaguchi a Garrone, da Lanthimos a Michael Mann addirittura e via elencando, molti mai passati prima per il Lido (ma per Cannes o Berlino o Toronto sì, e nelle sale). E qui sta il problema, almeno per me e mi par di capire per pochissimi altri. Cosa chiediamo a un festival di cinema? Io chiedo (anche) questo: che mi faccia fare delle scoperte, che accenda un faro su autori rimasti in ombra. Su cinematografie poco o punto conosciute. Roba buona, si capisce, non il filmino africano messo in cartellone in quanto africano, il filmetto turkmeno in quanto turkmeno, e tante operine stenterelle in quota rosa: che il dio del cinema fulmini i politicamente corretti.
Ecco, questo Concorso veneziano infarcito di venerati maestri e di troppi italiani (sono sei, e sa di sciovinismo) offre pochissime occasioni di scoperta. E altri venerati maestri stanno fuori concorso: Friedkin, Allen, Polanski (sia in ogni caso lodato Barbera per aver invitato gli ultimi due, alla faccia dei sedicenti “risvegliati” incapaci di distinguere fra l’opera e l’uomo, e Woody per giunta non è neppure mai stato incriminato formalmente).
Venezia tradizionalmente era un pochino più avventurosa. Quest’anno no e mi dispiace. Se ci andassi mi concentrerei sulle proposte collaterali, in primis sulla sezione Orizzonti, lì sì che ci stanno film intriganti e non è affatto scontato troveranno una distribuzione regolare. Ne estraggo dal mazzo uno solo. “Invelle” di Simone Massi. Non perché Massi è marchigiano ma perché è un genio, punto. Artefice di animazioni da annegarci gli occhi e perderci la testa. Un genio e uno dei segreti meglio conservati del cinema, fino a oggi avendo realizzato solo cortometraggi e oggi nel cinema (e solo nel cinema) se pratichi la forma breve sei condannato alla invisibilità, per quanti applausi e premi tu possa ricevere nei festival, e Massi non so dove conservi la caterva di premi vinti un po’ ovunque. “Invelle” è il suo primo lungometraggio.
Un film realizzato in totale indipendenza, come tutto il suo cinema. La lavorazione vissuta come un’avventura, e l’anno scorso mi disse «mi sono lanciato in questa cosa, non so come andrà, potrei anche fallire, non finirebbe il mondo». Non ho dubbi che a uno come Massi, tutto concentrato sulla sua arte, marginale per scelta e con orgoglio, poco anzi nulla importi della collocazione del suo film. Io mi auguro che il passaggio veneziano, sebbene non nella selezione principale, gli permetta di trovare una buona distribuzione e un pubblico. Il Festival inizia il 30 agosto per concludersi il 9 settembre. Alcuni film, l’elenco non è ancora noto ma non credo quelli del Concorso, li si potrà vedere in streaming su Mymovies.it.
*Opinionista
e critico cinematografico
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