Le Marche sanno esportare: l’extra-Ue cresce del 33%

Le Marche sanno esportare: l’extra-Ue cresce del 33%

di Marco Cucculelli
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Lunedì 4 Settembre 2023, 01:30

Lo scenario economico disegnato dai maggiori istituti di ricerca sembra il ritratto dell’estate che stiamo attraversando: da un lato, temporali violenti, ondate di calore e fenomeni climatici estremi; dall’altro, inflazione ancora difficile da contenere, tassi di interesse alti, mercato del lavoro in tensione, caro-spiaggia e vacanze sempre più brevi. Nel medio periodo, poi, l’incertezza generata dal conflitto in Ucraina continua a generare instabilità e preoccupazione: le tensioni internazionali sono palpabili, con paesi che reagiscono alle nuove dinamiche con la minaccia di una frammentazione crescente, che potrebbe ridurre drammaticamente i benefici dell’integrazione globale.

La preoccupazione per un possibile ritorno del Covid-19 rimane nell’aria e l’idea di un nuovo picco pandemico preoccupa le comunità in tutto il mondo. Infine, le geometrie variabili dei nuovi paesi Brics complicano il quadro geo-politico mondiale e attenuano la capacità di mantenere ordinate le relazioni economiche globali. In questo quadro estivo, avaro di buone notizie economiche, segnali positivi arrivano dalla recente diffusione dei dati Istat sull’export. Tra i grandi Paesi europei, l’Italia è il paese che ha fatto registrare la crescita più forte delle esportazioni verso paesi extra-Ue tra il primo semestre 2019 e lo stesso periodo del 2023. Rispetto ai livelli pre-pandemia, la crescita delle esportazioni è stata superiore al 30%, risultato che porta l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Germania e prima della Francia. Al di là dei numeri, il dato è interessante perché segnala la capacità di reazione da parte del sistema produttivo, che si sostanzia nella abilità delle imprese, specie di media dimensione, di inseguire le opportunità di sviluppo nei mercati a più alta crescita, con un ventaglio molto ampio di prodotti che garantiscono all’Italia il primato mondiale in termini di differenziazione settoriale delle esportazioni.

Quale la posizione delle Marche in questo scenario e, in prospettiva, rispetto ad una probabile asfittica congiuntura europea reiterata nei prossimi anni? Tre dati possono aiutarci nella valutazione. Innanzi tutto, escludendo dal conto il settore farmaceutico che, visti i numeri eccezionali degli ultimi anni, rende improponibile ogni confronto temporale, la crescita dell’export extra-Ue nelle Marche è stata addirittura superiore a quella nazionale (33% tra il 2022 e il 2019).

Peraltro, e a dimostrazione della diversa intonazione dei mercati di sbocco, essa è stata decisamente migliore di quella registrata verso i mercati europei, cresciuti (solo) del 19% nello stesso periodo. In secondo luogo, la crescita extra-Ue si è associata ad una marcata riduzione della concentrazione settoriale delle esportazioni. In altri termini, si è ampliata l’offerta merceologica dei beni esportati, con prodotti diversi da quelli delle specializzazioni tradizionali.

In questo ambito, le Marche hanno fatto anche meglio dell’Italia, migliorando la posizione relativa attraverso un incremento del numero degli esportatori e un ampliamento della quota di coloro che hanno riorientato le esportazioni verso mercati con maggiori opportunità di sviluppo. Infine, nel quadriennio 2019-23 il saldo commerciale tra importazioni ed esportazioni verso i paesi extra-Ue ha superato quello verso i paesi Ue, raggiungendo il 41% dell’export (sempre al netto del farmaceutico), contro il 38% del 2019.

Un contributo significativo alla bolletta energetica regionale (e nazionale), appesantita in questi anni dai costi crescenti dell’energia. Includendo il farmaceutico, poi, che ha esportato prodotti per circa 4mrd solo nel primo trimestre 2023, il saldo sale a quasi il 70% dell’export ed è generato per oltre la metà da esportazioni di farmaceutico verso la Cina. Seppur significativi, questi dati non sono tuttavia sufficienti a sovvertire gli scenari descritti dai centri di ricerca, ma di certo consentono di evidenziare la vivacità del sistema produttivo, che si declina nella capacità imprenditoriale di agganciare le opportunità economiche laddove sono più presenti e prima di altri. Dunque, se un po’ di ottimismo ci permette di augurarci che il prossimo inverno non ci riservi solo pioggia e freddo, è molto probabile che una attenta attività di accompagnamento delle imprese sui mercati internazionali possa portarci qualche buona giornata di caldo sole.

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