«Papa Francesco si stringe alla famiglia della piccola Indi Gregory, al papà e alla mamma, prega per loro e per lei, e rivolge il suo pensiero a tutti i bambini che in queste stesse ore in tutto il mondo vivono nel dolore o rischiano la vita a causa della malattia e della guerra». È il pensiero del Pontefice per la bambina inglese espresso dalla Sala stampa della Santa Sede. «L’unico modo di essere su questa terra è quello di non lasciare soffrire nessuno da solo. A cominciare dai piccoli e dagli indifesi», ripeteva il Servo di Dio, don Oreste Benzi. Su alcuni temi compattarsi è un’esigenza di civiltà. La cittadinanza italiana, concessa alla piccola Indi, non può di certo prestarsi a letture di parte.
Quello compiuto dal governo è stato un gesto di umanità e di misericordia universalmente condivisibile e lodevole nella speranza di portare in Italia la bambina. I genitori e la famiglia si sono opposti in tutti i modi all’inflessibile interpretazione del fine vita nel Regno Unito già emersa nei tragici casi di Alfie Evans ad Archie Battersbee. Difendere la sacralità dell’esistenza testimonia lo stesso spirito di prossimità manifestato da Papa Francesco ai bambini disabili e ammalati: «Le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili». Perciò va riscoperta «la cultura dell’accoglienza, valorizzando e custodendo la dignità nascosta in ciascuna vita».
È stato un dovere umano e cristiano rimettere in discussione il rifiuto opposto dai tribunali britannici all’offerta dell’ospedale Bambino Gesù di Roma di continuare ad assistere Indi. Oggi la società appare sempre più inquinata dalla cultura dello scarto, cioè da una diffusa mentalità che è opposta alla cultura dell’accoglienza. E le vittime di questa deriva sono proprio le persone più deboli, più fragili, specialmente i bimbi affetti fin dalla nascita da patologie o handicap. Indi è figlia nostra, siamo tutti chiamati ad assumerci la responsabilità di genitori nel dare ancora speranze alle più indifese tra le creature. Abbiamo l’obbligo di richiamare la vicenda di Alex Montresor, in grado di riprendersi da una malattia genetica rara grazie a un trapianto di cellule staminali al Bambino Gesù.
L’Alta Corte di Londra ha dato ragione alla diagnosi senza speranza dei medici britannici. Una sentenza definita «ripugnante» dal padre della piccola, «disumana e scellerata» da Pro Vita. È la stessa cultura dello scarto che porta a rifiutare i bambini anche con l’aborto. Occorre rilanciare le storie a lieto fine di altri bambini britannici come Tafida Raqeeb, che a cinque anni fu trasferita in gravi condizioni da Londra al Gaslini di Genova, dove è poi migliorata fino a poter essere dimessa.
«La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine, quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo, la risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla piccolezza umana», insegna il Pontefice. Nessuno può voltarsi dall’altra parte, ognuno di noi può far sentire alla famiglia di Indi prossimità e condivisione. «Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno», afferma madre Teresa di Calcutta. La vita umana deve essere sempre difesa, senza alibi né contrapposizioni strumentali.
* Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII