Le storie dei grandi italiani sul set diventano didascalie

Le storie dei grandi italiani sul set diventano didascalie

di Giovanni Guidi Buffarini
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Venerdì 5 Aprile 2024, 02:05

Tempo di David di Donatello - le candidature sono state annunciate mercoledì e potete leggerle ovunque, i premi saranno assegnati il 3 maggio - e allora viene in taglio una riflessione sullo stato del cinema italiano. Anticipo: un bilancio con luci e ombre. «È stata un’annata ricca di ottimi film», proclama la Signora dei David, Piera Detassis. Non sarei così generoso ma è questione di punti di vista. Ricordo annate più ricche e comunque anche annate peggiori. Il 2023 è stato complessivamente un anno positivo per ciò che concerne gli incassi. Secondo i dati riportati dal Cineguru Robert Bernocchi, un’autorità in fatto di numeri, le produzioni italiane hanno raccolto oltre 120 milioni di euro (più che nel 2017, poco meno rispetto al 2018 e al 2019), pari al 24,30% del totale, mentre in epoca post-Covid la quota di mercato si era stabilmente mantenuta attorno al 20%. Un buon risultato seppure in buona parte ascrivibile allo straordinario successo di “C’è ancora domani”.

Mentre il secondo film italiano più visto dell’anno è stato “Me contro te - Non ricordo numero e sottotitolo e non mi va di controllare” e la cosa non so voi, ma non mi rallegra affatto. Né mi convince la ricetta proposta dal viceministro Lucia Borgonzoni per rendere i nostri film (e le nostre serie, immagino) più attrattive. «Raccontare le storie dei grandi italiani» fino a oggi ha prodotto un bel numero di didascaliche, pompose ciofeche (in generale, i bei film non nascono dagli input ministeriali ma dalla interiore necessità che spinge gli artisti a raccontare una certa storia). Oggettivamente pessimo è il dato riguardante i film che non sono riusciti a trovare la via del grande schermo. Dei 459 (sic) film prodotti in Italia nel 2022 e nel 2023, oltre 300 non sono stati ancora distribuiti (e ti credo, il mercato non è in grado di assorbire simile offerta).

Che in Italia si produca troppo, lo scrivo da prima del Covid e ormai se ne sono accorti tutti, e fa piacere. Il foltissimo mucchio di titoli che sul grande schermo non passeranno mai, già tanto se troveranno ospitalità su qualche piattaforma, include, mano sul fuoco, gran copia di operine rachitiche da archiviarsi alla voce “Come buttare via i soldi”.

Include però anche il più bel film italiano degli ultimi anni, il capolavoro di Simone Massi “Invelle”: e piange il cuore. Qualcuno lo tiri fuori da lì, abbia il coraggio di distribuirlo. Non si trattano così i grandi artisti. In un’intervista concessa a Gianluca Arnone e che trovate su Cinematografo.it, Detassis ammette che anche nell’ottimo, a suo dire, 2023 la commedia - la commedia pura, senza venature drammatiche e ambizioni (o velleità) autoriali, la commedia che punta a farti passare una serata divertente e che magari finisce per raccontare il presente meglio di tanti film seri - ci ha regalato quasi solo delusioni. Storia vecchia, e storia ancor più vecchia è l’incapacità del nostro cinema di produrre film di genere, che pure al botteghino potrebbero regalare soddisfazioni. “L’ultima notte di amore”, “Come pecore in mezzo ai lupi”: due rondini non fan primavera. Sempre secondo Detassis troppo generosa, se da un lato «abbiamo maestri in formissima», dall’altro «non abbiamo ancora una nuova generazione d’autori». Il che è vero, e però bisogna chiedersi il perché.

Assenza di talenti? Direi proprio di no. Ogni anno vedo cinque, dieci, venti cortometraggi forse imperfetti e tuttavia interessantissimi. Ogni anno vedo tre, quattro, cinque lungometraggi opera prima da cui il talento traspare eccome. Il problema è il nostro sistema cinema. Che sui giovani punta pochissimo, non dà loro modo di sperimentare, anche di sbagliare, preferendo affidarsi ai soliti noti (registi, sceneggiatori) benché non tutti in formissima, alcuni bollitissimi, altroché. «Un film te lo faccio anche fare, lo distribuisco senza uno straccio di pubblicità, se non è un successo aspetta e spera che ti faccia realizzare il secondo». Il cinema italiano, i suoi talenti o li irreggimenta o li espelle. E d’altro canto il cinema italiano riflette il Paese, e l’Italia è un Paese vecchio. Se mai le cose dovessero cambiare, ecco quella sì che sarà un’ottima annata. Il 2023 ha offerto più ombre che luci.

*Opinionista e critico cinematografico

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