L’arrampicata per le castagne e quei maglioni in magazzino

L’arrampicata per le castagne
e quei maglioni in magazzino

di Lorenzo Sconocchini
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Martedì 24 Ottobre 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 23:19
Prendete uno scettico del cambiamento climatico e portatelo in un bosco dei nostri Sibillini, per una di quelle passeggiate in cui (spesso a pagamento) si raccolgono castagne. Noterà che di ricci in terra non se ne trovano e per fare bottino dovrebbe arrampicarsi fino ai rami di castagno. La raccolta, secondo uno studio di Coldiretti, viaggia con due settimane di ritardo rispetto alla norma, scombinando il tradizionale calendario di fine ottobre, ricco di sagre e appuntamenti legati appunto a castagne e marroni. Motivo? Le abbondanti piogge di maggio e giugno - ha spiegato l’associazione dei coltivatori diretti - hanno condizionato fortemente l’allegagione dei fiori, successivamente i prolungati rialzi delle temperature, accompagnati da lunghi periodi di siccità, hanno provocato il taglio delle disponibilità, anche se non dappertutto. Le piante di castagno, ingannate dal tepore di queste insolite ottobrate, lasciano cadere le foglie mentre i ricci restano attaccati ai rami. Rinviata l’idea della castagnata, già che siete in montagna, calzate gli scarponi da trekking e salite con il vostro negazionista del climate change fino al lago di Pilato, uno degli scorci più suggestivi del Parco nazionale dei Sibillini, territorio di Montemonaco. Lo troverete completamente asciutto, nonostante siamo in pieno autunno, come testimoniano alcune foto scattate domenica dal fabrianese Sandro Bartoccetti, appassionato di montagna e socio del Cai. Meglio ripiegare allora su una passeggiata in collina, magari godendosi il panorama punteggiato di ulivi, in una regione dove si contano 9.600 ettari di uliveti (oltre il 35% bio) e sono presenti 160 frantoi, tanto che la Regione Marche nel luglio scorso ha varato una legge per la promozione dell’oleoturismo. Troverete le piante d’ulivo quasi spoglie, come ha raccontato nel suo editoriale di ieri il professor Sauro Longhi, che nel tempo lasciato libero dall’Università si dedica anche alla campagna. «Nella mia breve esperienza di olivicoltore, ma anche dai ricordi dei miei genitori e nonni, non ricordo un’annata come questa, arrivati ad ottobre, periodo da sempre dedicato alla raccolta delle olive». Non se ne vedono molte sugli alberi: «Le poche che avevano attraversato l’estate erano cadute, forse per la siccità, il caldo e l’intenso attacco di insetti e di parassiti». E all’osservazione empirica del professor Longhi si accompagnano le stime sulla produzione di olio d’oliva per il 2023-2024 diffuse dall’Istituto di servizi per il mercato agroalimentare (Ismea) che prevedono per il centro Italia una contrazione del 31%, dovuta all’alternarsi di siccità, piogge eccezionali di primavera e umidità. Una deriva che rischia anche di cambiare il nostro paesaggio, stando all’allarme lanciato da Coldiretti e Unaprol-Consorzio Olivicolo Italiano, in occasione della raccolta dall’ulivo plurisecolare. Sarebbero 30 milioni gli ulivi da salvare in Italia, abbandonati a causa del cambiamento climatico e per l’esplosione dei costi che mettono a rischio anche la sopravvivenza di quel patrimonio di biodiversità e storia rappresentato dagli alberi secolari. Non resta che ripiegare, con il nostro clima-scettico al fianco, in una passeggiata in città, sulle vie dello shopping, approfittando di temperature miti (nelle Marche ottobre sta procedendo a una media mensile di 19,2°C, quasi 5 in più della media dell’ultimo trentennio) che consentono ancora di passeggiare in maniche di camicia. Sarebbero istruttive due chiacchiere con i titolari dei negozi di abbigliamento, che nei giorni scorsi - attraverso i rappresentanti di categoria della Confcommercio - hanno definito questo caldo persistente in pieno ottobre «un’autentica emergenza per le conseguenze che porta al commercio di moda al dettaglio». Nessuno è invogliato a rinnovare il guardaroba, solo vedere un maglione in vetrina fa venire caldo, così i commercianti devono fare i conti con magazzini sempre più pieni e assortiti, con un calo di vendite stimato a settembre intorno al 6%. Forse il clima non sta cambiando: è già cambiato.
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