Squadra e agenda nuova: pronto il piano
per il Letta bis. Ma Renzi non ci sta

Squadra e agenda nuova: pronto il piano per il Letta bis. Ma Renzi non ci sta
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Domenica 12 Gennaio 2014, 10:14 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 18:36
dal nostro inviato

Alberto Gentili

CITT DEL MESSICO - Nel day after del ruvido faccia a faccia con Matteo Renzi, Enrico Letta ha dedicato il lungo viaggio in aereo verso il Messico per mettere a punto le prossime mosse.

Inclusa l’ipotesi del battesimo a fine mese, dopo la firma del “contratto di programma”, di un governo completamente nuovo. Il Letta-bis. Ma Renzi continua il suo pressing: «Non ci siamo, il governo deve cambiare marcia. La sua azione è ancora del tutto insoddisfacente», si è sfogato con lo staff.

Eppure il premier continua a guardare il bicchiere mezzo pieno, relegando sullo sfondo i contrasti con il segretario. Tant’è che in bella vista, nella cartellina stampa portata in aereo, c’era l’intervista di Graziano Delrio a “Il Messaggero”, in cui il ministro renziano ha escluso le elezioni anticipate se il governo sarà in grado di compire «un vero cambio di passo». «Se questa è la linea, c’è piena sintonia. Anche per Letta serve una svolta ambiziosa, un nuovo inizio», spiegano i collaboratori del premier, «ed è consapevole di avere davanti un’occasione irripetibile: realizzare in 14 mesi le riforme ferme da vent’anni».



Così il premier in queste ore sta mettendo nero su bianco «un cronoprogramma da togliere in fiato». «Con date stringenti e certe e con l’impegno ad arrivare alle elezioni europee di maggio con in tasca l’approvazione della legge elettorale e i primi due sì al nuovo Senato delle autonomie. Più il job act e nuove misure per il rilancio dell’economia». Le richieste, guarda caso, di Renzi.



Ma c’è dell’altro. C’è che prende sempre più corpo l’idea della nascita di un governo completamente nuovo. Di un Letta-bis. Sia il premier che il segretario sono sempre più convinti che se entro il 27 gennaio verrà siglato un “contratto di coalizione” ambizioso e «rivoluzionario», per forza di cose la compagine di governo dovrà essere adeguata «alla nuova sfida». «Con un programma diverso servono anche uomini diversi», commenta Bruno Tabacci che venerdì ha incontrato Letta. l premier, in contatto con il Quirinale, sta cercando di individuare il percorso migliore. E prende corpo l’idea che a fine mese, con in tasca il “contratto di coalizione”, Letta vada in Parlamento a illustrare la nuova sfida, per poi salire al Quirinale a dimettersi ed essere rinviato alle Camere - per una nuova fiducia - con una squadra tutta nuova. «Non si possono sostituire solo alcuni ministri con un’operazione chirurgica, troppo complicato. Va azzerata l’intera compagine ministeriale», dice un esponente renziano che chiede l’anonimato.



Il segretario, se verrà soddisfatto dal “contratto di coalizione”, sarà infatti disposto a mettere faccia e firma in calce alla formazione del nuovo governo, compiendo quello che definisce «un sacrificio»: la rinuncia alle elezioni anticipate. Quindi accetterà che Letta inserisca esponenti renziani nell’esecutivo: «Ma dovrà essere il premier a prendere l’iniziativa».

Per ora i nomi dei papabili sono top secret. Filtrano invece i nomi degli epurandi: Flavio Zanonato (Sviluppo) ed Enrico Giovannini (Lavoro) che Renzi non ama e di cui non apprezza le posizioni sul job-act. Ma anche il ministro «troppo tecnico» dell’Economia Fabrizio Saccomanni: il segretario democratico vuole dare una propria impronta al comparto economico. Ma c’è chi dice che a quell’incarico ambisce Mario Monti. Nel mirino potrebbe finire la poltrona di Angelino Alfano agli Interni: «Il Pd non ha ministeri di prima fascia e il caso Shalabayeva non smette di rivelare comportamenti discutibili...». La responsabile dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo. Più la “solita” Anna Maria Cancellieri (Giustizia) e la new entry Emma Bonino, accusata di non avere gestito al meglio la vicenda dei marò carcerati in India. La tensione tra Letta e Renzi resta in ogni caso alta. Non solo perché il segretario non accetta di partire dal recinto di maggioranza per la legge elettorale: «Non mi faccio ingabbiare». Ma anche perché Renzi rifiuta il codice di comportamento che Letta vorrebbe imporre: «Non sono uno paludato. Continuerò a dire in pubblico, con franchezza, le cose che penso. Enrico si rassegni».