Raid omofobo contro i ballerini
semifinalisti a Italia's Got Talent

Raid omofobo contro i ballerini semifinalisti a Italia's Got Talent
di Marco Pasqua
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Venerdì 11 Agosto 2017, 11:54 - Ultimo aggiornamento: 12:52

ROMA - «Froci, via di qui». Sono scritte e disegni inequivocabili, quelle apparse a Centocelle, all’interno della palestra dei Vanity Crew, il gruppo di ballerini professionisti che si è fatto conoscere per la sua partecipazione a Italia’s Got Talent, dove è arrivato in semifinale. E che adesso, dopo questo raid omofobo, ha deciso di chiudere la sua palestra. «Era il nostro sogno, ma ora non possiamo più andare avanti», ammette Simone Panella, leader del gruppo, insieme al compagno, Andrea Pacifici. Era il loro sogno, quella struttura di 900 metri quadrati, suddivisi in tre sale, nelle quali trasmettere l’amore per la danza a grandi e piccini. Nata un anno fa, dopo pochi giorni, però, aveva già iniziato a subire le attenzioni di alcuni vicini che non gradivano quella presenza.

«Dal primo giorno che abbiamo aperto purtroppo abbiamo avuto problemi con alcune persone: minacce, discussioni, inseguimenti, atti intimidatori, allagamenti: tutto documentabile - denunciano i Vanity - Con tutte le forze abbiamo cercato di andare avanti cercando di creare un clima familiare all'interno della scuola. Non abbiamo ancora avuto il coraggio di denunciare l'accaduto, oggi troviamo il coraggio di parlare. Mi auguro che non accada ad altri quello che oggi è accaduto a noi! Perché tutto questo credetemi fa veramente male».
 

 

Sette le persone che compongono la crew, che ha anche avuto la possibilità di partecipare ad importante gare internazionali all'estero. «A giugno avevamo chiuso per ferie – spiega Panella – e quando, qualche settimana fa, sono rientrato nella palestra, ho visto queste scritte. Chi le ha fatte conosceva i nostri movimenti ed ha usato una porta difettosa per introdursi all'interno. Non me la sono sentita di denunciare subito tutto, perché mi sono vergognato. E’ una sensazione orrenda, che provo ancora. Mi sono sentito giudicato per quello che sono. Non è semplice essere gay e vivere in questa società». Adesso i ragazzi valuteranno se e come sporgere denuncia, insieme ad un legale. Ma quello che è certo è che il loro sogno, per adesso, chiude i battenti. «Qui non riusciamo più a vivere sereni», dice il leader del gruppo: «Questo attacco ci ha spezzato il cuore». 

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