Franco Di Mare, la malattia scoperta 3 anni fa: «Al posto del polmone destro c'era il nulla. La Rai? Piena di amianto»

L'ex inviato di guerra ha un mesotelioma, tumore tra i più aggressivi, presumibilmente conseguenza della sua lunga carriera nei campi di battaglia dei Balcani

Franco Di Mare, la malattia scoperta 3 anni fa: «Al posto del polmone destro c'era il nulla. La Rai? Piena di amianto»
Franco Di Mare, la malattia scoperta 3 anni fa: «Al posto del polmone destro c'era il nulla. La Rai? Piena di amianto»
di Redazione web
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Lunedì 29 Aprile 2024, 09:41

«Mi resta poco da vivere, quanto non lo so. Però non mollo. Confido nella ricerca». Franco Di Mare, 68 anni, giornalista ex inviato di guerra per conto della Rai e conduttore, si è mostrato in prima serata sul Nove, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, attaccato a un respiratore. Così ha annunciato la sua malattia, un tumore temibile nel nome e nei fatti: il mesotelioma

La scoperta

Quel tubicino attaccato al naso ora gli consente di respirare: è collegato a una bombola ad ossigeno, e non può separarsene. «Prima mi aiutava soltanto di notte.

Da una decina di giorni invece non posso più staccarmi», ha raccontato il giornalista in un'intervista al Corriere della Sera in cui ripercorre la scoperta della malattia e il suo decorso. «Ero seduto davanti alla sua scrivania. “Houston, abbiamo un problema”, mi disse il professore. “Francesco, non so come dirtelo. In questo momento vorrei tanto essere l’animatore di un villaggio e non un dottore. Hai un mesotelioma. Aggressivo". "Quanto?" "Alto grado"». La consapevolezza del suo tumore è assoluta: «Non se ne va, al massimo lo puoi rallentare, ma resta lì ed è uno dei più cattivi». La scoperta, tre anni fa metre era seduto sul divano a guardare la tv: «Una fitta terribile mi è esplosa tra le scapole, una coltellata. Credevo fosse un dolore intercostale. Invece era il collasso della pleura, uno pneumotorace». Solo dopo 20 giorni, la decisione di sottoporsi a dei controlli al Gemelli. «Mi hanno sottoposto a delle prove sotto sforzo. Dopo una sono svenuto. Di corsa in sala raggi per una radiografia. Al posto del polmone destro c’era il nulla. Era collassato insieme alla pleura, la pellicola che lo avvolge». Quindi, la diagnosi: «La malattia era contenuta nella pleura, a parte due puntini in cui era perforata. E da lì, maledizione, il tumore è uscito. La decorticazione mi ha regalato due anni di vita. Poi però, sei mesi fa, c’è stata una recidiva. Si è presentata allo stesso modo. Una fitta acutissima. Stavolta a sinistra. Respiro con un terzo della capacità polmonare».

La guerra nei Balcani

La malattia di Di Mare è presumibilmente conseguenza della sua lunga carriera nei campi di battaglia dei Balcani, esposto a proiettili all'uranio impoverito e particelle di amianto. «Perché a me?», si è chiesto. La risposta sembra essere legata a quella polvere micidiale: «Ne bastava una particella. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione».

La malattia

L’impatto della malattia ha trasformato la sua esistenza quotidiana: «Fino a venti giorni fa uscivo a fare la spesa. Due passi. Al massimo tenevo con me il respiratore portatile, che pesa 15 chili». Ora, con la mobilità fortemente ridotta, Franco Di Mare riflette sulla sua vita con una nuova lucidità, valorizzando i momenti di felicità domestica e le relazioni che lo sostengono. Trova gioia nelle piccole cose, come i ricordi della cucina di sua madre o le cene con gli amici: «Ci fissiamo sempre col primo amore - il mio, al liceo, fu una ballerina del San Carlo - ma il più importante è l’ultimo, che ti accompagna nei passi finali. Per me è Giulia. Stiamo insieme da otto anni. Tra noi ce ne sono più di 30 di differenza, prima si notava meno». Affronta il futuro con serenità, pur consapevole che il tempo è limitato: «Non ho paura. Mi spaventa l’idea della sofferenza, però sono andato a una dozzina di funerali di colleghi più giovani di me. E sono vivo per miracolo».

La Rai

Nonostante il sostegno di amici e familiari, il giornalista esprime un profondo disgusto per il trattamento ricevuto dai vertici della Rai, l'azienda per la quale ha lavorato per decenni. Dopo la diagnosi, ha chiesto ai suoi ex colleghi un elenco delle missioni per supportare il suo caso medico, ma è stato ignorato. «Ripugnante, dovrebbero vergognarsi», dice Di Mare, sottolineando come anche il palazzo di viale Mazzini, sede della Rai, sia pieno di amianto: «Sottovoce, ti sconsigliano di appendere quadri al muro».

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