Yifat Bitton: «Difenderò in tribunale le israeliane violate il 7 ottobre, stupro sistematico perchè donne ed ebree»

Yifat Bitton: «Difenderò in tribunale le israeliane violate il 7 ottobre, stupro sistematico perchè donne ed ebree»
Yifat Bitton: «Difenderò in tribunale le israeliane violate il 7 ottobre, stupro sistematico perchè donne ed ebree»
di Franca Giansoldati
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Venerdì 16 Febbraio 2024, 16:40

Non si sa quante siano, di sicuro molte. Abusate per sfregio perché ebree e perché donne, e poi riprese con con body-cam o con i telefonini come fossero trofei da esibire. L'ultima dissacrante azione era motivo di vanto sui social. Persino quando le vittime di violenza sessuale del 7 ottobre venivano uccise con un colpo di pistola e parte dei loro corpi subiva mutilazioni Un seno staccato e poi lanciato in aria, per non dire di peggio altrimenti si finirebbe nella categoria horror. Yifat Bitton parla dei massacri sistematici avvenuti al festival Nova e nei kibbutz cercando di restare distaccata ma poi ad un certo punto della conversazione finisce per abbassare lo sguardo e ammette: «Sono decenni che mi occupo di violenze femminili, pensavo di essere pronta ad affrontare un compito difficile, ma qui siamo oltre l'immaginabile». L'incarico di cui parla è l'elaborazione e la raccolta forense di tutte le prove necessarie per dimostrare in tribunale che le violenze sistematiche e programmate sulle ragazze e le donne israeliane che quel giorno hanno preso parte al festival Nova o si trovavano nelle loro case nei kibbutz colpiti dai miliziani di Hamas costituiscono un crimine contro l'umanità.

Si tratta della più grande indagine sullo stupro nella storia israeliana. Bitton, professoressa di legge e docente universitaria, fondatrice di Tmura, il Centro israeliano di anti-discriminazione e presidentessa del College accademico “Achva”, a dicembre ha dato voce al Palazzo di Vetro  a questa ferita ma nel frattempo continua a portare avanti a un lavoro complicatissimo perché si tratta di raccogliere prove. E qui i nodi arrivano al pettine.

«Quando l'esercito ha ripreso il controllo nelle ore immediatamente successive alle violenze ovunque regnava il caos più assoluto. Immaginate per le strade scenari di morte, cadaveri carbonizzati ovunque, nei kibbutz le abitazioni appena bruciate, corpi smembrati. Da gestire è stato un momento disordinato, drammatico, dolorosissimo, e i primi militari arrivati sul posto si sono comportati come se fosse solo un evento di guerra. Ciò significa che non è stato tradotto come una "scena del crimine». Il principio guida in quelle ore era solo l'identificazione, la protezione dei corpi e la sepoltura immediata. Non c'era tempo e non c'è stata la conservazione della scena criminis nel modo in cui è necessario codificare i reati di natura sessuale commessi.

«C'è stata pochissima raccolta di prove forensi, e poi alcune delle persone che avrebbero dovuto essere ascoltate come testimoni sono state ignorate. Cosa che stiamo facendo ora, ricostruendo tutto a ritroso. Lavoriamo poi sui filmati, che restano prove inoppugnabili e anche sulle deposizioni, anche quelle dei terroristi catturati». Le indagini in corso fanno capire che ci vorrà parecchio tempo prima che si possa definire con chiarezza il numero dei casi. «Al momento quelli comprovati perché documentati da fonti assolutamente attendibili come i centri anti-stupro, sono 35.

Sappiamo che alcune vittime hanno deciso di parlare in pubblico. Altre non se la sentono. Siamo, inoltre, a conoscenza di abusi sessuali e molestie subite anche dagli ostaggi, come hanno riferito e testimoniato alcuni di coloro che sono stati rilasciati».

Secondo Bitton un’ipotesi realistica si aggira attorno ai 100 casi di abusi in senso ampio. «Una cifra che però non include i casi più difficili ancora da identificare». Ed è come se le vittime delle violenze avessero subito un oltraggio molteplice, ripetuto. La prima volta il 7 ottobre, la seconda volta con il silenzio calato da gran parte di parte del mondo femminile globale che ha fatto mancare una importante solidarietà alle donne israeliane e, infine, per l'assurda complicazione riscontrata dagli esperti forensi nella raccolta di prove da esibire in sede penale su quanto accaduto nella sua completezza e oggettività. Il servizio di sicurezza interno Shin Bet ha però nel frattempo ottenuto importanti registrazioni di diverse indagini sui terroristi Nukhba (un ramo militare all'interno di Hamas) i quali hanno confermato gli ordini precisi ricevuti di abusare di donne e bambini. Le prove includono poi anche le informazioni rese dai terroristi durante gli interrogatori e le preziose testimonianze dei sopravvissuti.

Secondo il materiale in mano a ZAKA – una unità di soccorso che ha sede a Gerusalemme e gestisce team appositamente addestrati di paramedici - ci sarebbero stati anche casi di abusi sessuali su alcuni uomini. A volte i corpi ritrovati erano stati talmente devastati che «era difficile dire se si trattava di un uomo o di una donna». La scorsa settimana Pramila Patten, l'inviata delle Nazioni Unite mandata per una prima verifica a Tel Aviv su questo delicatissimo tema e sul quale dovrà presentare i risultati al Segretario generale, non ha nascosto lo choc. «Le cose che ho visto qui sono inimmaginabili». Dopo avere lanciato un appello alle vittime sopravvissute al 7 ottobre a testimoniare e «rompere il silenzio per fare giustizia» Patten ha ricordato che le sopravvissute non dovrebbero sentire alcuno stigma, «piuttosto lo stigma, la vergogna, è sugli autori». 

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