Il progetto "Condivido-Il Manifesto della comunicazione non ostile nelle scuole", presentato per l'occasione e promosso da Parole O Stili - la community di oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti e comunicatori nata per contrastare il cyberbullismo - rischia però di essere messo in ombra dalle polemiche sorte dopo l'intervento di Ruffini. A Trieste i professori furiosi hanno interrotto il collegamento ricorrendo all'assessore all'Istruzione del Friuli Venezia Giulia, Loredana Panariti.
Qualcuno sta forse inviando qualche messaggio sul telefono di Paolo Ruffini?#Paroleostili #condivido pic.twitter.com/IZCEyWSVCH
— Parole O_Stili (@ParoleOstili) 15 maggio 2017
"Non fatemi dire parolacce, perché ci sono questi signori in giacca e cravatta che non vogliono dica parolacce, ma mi sembra assurdo non dirle, perché voi le dite e mettere una distanza tra me e voi mi sembra una stronzata... Chiedo scusa alla suora, al preside e alle istituzioni, al ministro, a tutti, ma fatemi dire le parolacce. Fatemele dire. Posso dire un'altra cosa? La volgarità non è dire cazzo, ma la violenza".
Ruffini è diventato un fiume in piena dopo che un ragazzo, sollecitato a dire chi gli dava fastidio, aveva detto "i gay". Discussione ruvida tra i ragazzi e Ruffini: «Posso dire che ci sono della parolacce tese ad offendere e altre tese a scherzare e quindi a creare empatia? Posso dire che ci sono dei politici che hanno un linguaggio ben peggiore e non dicono mai cazzo?». Parole accolte con risate e applausi, ma anche con qualche perplessità nell'aula milanese, apprezzate per la sincerità sul web ma che, rimbalzate a Trieste, hanno avuto ben altro effetto. Lo stesso ministro, pur dicendo che Ruffini era stato bravo ha detto: "Quando diceva parolacce mi tappavo le orecchie".
Cyberbullismo, le parolacce di Paolo Ruffini non piacciono ai prof https://t.co/LRvu4zBle5
— OrizzonteScuola.it (@orizzontescuola) 15 maggio 2017

"Il sistema educativo e formativo è decisivo se vogliamo davvero cambiare i modi con cui dialoghiamo, ci relazioniamo, ci informiamo, superando parole d'odio, diffusione delle fake news, cyberbullismo", ha rimarcato il ministro. Da domani, con una circolare ministeriale, si comincerà la diffusione del manuale nelle scuole.
"Io credo - ha osservato ancora il ministro Fedeli - che questa sia una scelta molto importante: il fenomeno ha avuto una larga diffusione negli ultimi anni perché non c'è consapevolezza di che cosa significa stare sulla rete".
"Bisogna dare gli strumenti alle ragazze e ai ragazzi per stare sulla rete - ha aggiunto -. La rete non è un luogo anonimo, tu devi sapere che quello che metti in rete, anche se usi degli pseudonimi, in realtà sono parole che restano, parole che fanno male, parole che spingono a volte a forme estreme di dolore e a volte anche al suicidio. Pensiamo a cosa è successo a Carolina Picchio". Carolina Picchio, 14 anni, si uccise a Novara nel gennaio 2013 dopo essere stata vittima di un episodio di cyberbullismo. Il manifesto contro il cyberbullismo è promosso dalla Università Cattolica del Sacro Cuore e dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo, che in dieci principi si propone di contrastare gli hate speech, soprattutto tra i ragazzi.
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