Nessuna struttura vuole i tre bengalesi contagiati. Vivono in dieci in un appartamento e c’è il rischio concreto di contagio

Nessuna struttura vuole i tre bengalesi contagiati. Vivono in dieci in un appartamento e c’è il rischio concreto di contagio
Nessuna struttura vuole i tre bengalesi contagiati. Vivono in dieci in un appartamento e c’è il rischio concreto di contagio
di Mario Paci
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Lunedì 13 Luglio 2020, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 10:21

ASCOLI - Dove sistemare i dieci bengalesi (tre dei quali positivi) residenti in un appartamento del centro storico di San Benedetto del Tronto è il principale cruccio della direzione dell’Area vasta 5. Ricevuto parere contrario da parte della Regione Marche sulla proposta di trasferimento nella Rsa di Campofilone («è un’emergenza sociale ma non sanitaria» è stato specificato) la ricerca di strutture ricettive è tutta in salita considerando che in piena estate gli albergatori preferirebbero assegnare stanze ai turisti piuttosto che ai malati di Covid-19 con tutte le annesse conseguenze gestionali. Il problema è che nell’appartamento risiedono i dieci bengalesi messi in isolamento. E se è vero che degli altri sette il tampone è negativo, continuando a stare a contatto con gli infetti, non è escluso che possano prima o poi contagiarsi anche loro. Quindi meglio vadano via i tre positivi al Covid-19 oppure gli altri sette.


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I controlli
C’è poi da aggiungere la questione dei controlli. I bengalesi sono seguiti con attenzione dagli ispettori del dipartimento di prevenzione dell’Area vasta ma il monitoraggio avviene con frequenti telefonate per accertarsi delle loro condizioni di salute. Ma sono purtuttavia delle telefonate. Chi può assicurare con matematica certezza che non escano di casa? Su questo aspetto il questore Paolo Pomponio è stato categorico: «Se si azzardano ad uscire di casa sarà peggio per loro, saremo inflessibili». Per fortuna il commissariato di polizia è poco distante dall’appartamento occupato dai dieci bengalesi ma un loro trasferimento sarebbe la soluzione migliore anche per non impiegare una volante della polizia che d’estate dovrebbe occuparsi di un altro tipo di sicurezza.

La catena dei contatti
Nel frattempo il primario del dipartimento di prevenzione dell’Area Vasta 5, Claudio Angelini, assieme ai suoi collaboratori sta ricostruendo la catena dei contatti avuti dai bengalesi dal giorno del loro sbarco a Fiumicino il 17 giugno scorso. «Finora abbiamo rintracciato un centinaio di persone che sono venute a contatto con i bengalesi - afferma il primario Angelini - Tutte sono state sottoposte a tampone e hanno dato esito negativo». Ma è presto per cantare vittoria perchè come sa perfettamente il dottor Angelini bisognerà attendere almeno una settimana per scoprire se eventuali soggetti in incubazione manifesteranno i sintomi del Coronavirus. Si attende anche l’ingaggio di un mediatore linguistico che possa agevolare la ricerca dei contatti avuti. I bengalesi, infatti, parlano pochissimo l’italiano e le scarne notizie sono legate anche a questo fatto. La coppia di coniugi risultata positiva al Covid-19 gestisce un piccolo negozio a Porto d’Ascoli mentre la donna di 39 anni, incinta di 5 mesi, ha una bancarella nel centro di San Benedetto.

Le misure di sicurezza
Quest’ultima si è recata all’ospedale Madonna del Soccorso il 7 luglio scorso per un consulto medico e ha raccontato agli ispettori dell’Asur di accusare solamente una tosse persistente e di non sentirsi la febbre. Ovviamente tutti gli operatori sanitari e le 12 gestanti che si sono recate all’ospedale in quel periodo sono stati sottoposti a tampone che ha dato, per fortuna, esito negativo. Ciò anche grazie alle misure di sicurezza adottate dalla direzione sanitaria che prevedono il distanziamento sociale, le visite ogni 45 minuti in modo che chi entra e chi esce non si incontra, l’uso delle mascherine, il termoscanner agli ingressi. Finora hanno funzionato ma bisogna incrociare le dita nei prossimi giorni.
 

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