Arrestato l’assassino geloso
Professore ucciso con 23 coltellate

I carabinieri e, nel riquadro, Sebastiano Dimasi
I carabinieri e, nel riquadro, Sebastiano Dimasi
di Lorenzo Sconocchini
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Lunedì 30 Gennaio 2017, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 12:00

SASSOFERRATO - Una fuga lunga sette chilometri, durata neanche un giorno. È stato catturato ieri pomeriggio Sebastiano Dimasi, conosciuto come Nello o il calabrese, l’artigiano edile di 55 anni ricercato da sabato sera per l’omicidio del professor Alessandro Vitaletti, 48 anni. Il presunto assassino è stato interrogato fino a notte nella caserma di Sassoferrato dal sostituto procuratore Serena Bizzarri, assistito dall’avvocato fabrianese Enrico Carmenati. «Non si è sottratto all’interrogatorio - spiegava ieri alle 23 il legale, mentre il suo assistito veniva tradotto a Montacuto - e ha dato una versione dei fatti che secondo me configura profili di legittima difesa, anche in considerazione del fatto che aveva un taglio al ginocchio». Dimasi non era riuscito ad allontanarsi da Perticano, un pugno di case sull’Appennino, frazione divisa a metà da un torrente tra Sassoferrato e il comune umbro di Scheggia.

Proprio in quel borgo di montagna ieri l’hanno arrestato i carabinieri che da quasi 24 ore, guidati dal comandante provinciale Stefano Caporossi, gli davano la caccia, convinti che fosse lui l’uomo che sabato pomeriggio, verso le 17 e 30, s’era avventato contro Vitaletti con una raffica di coltellate. Sul corpo del povero insegnante di lettere, su cui Dimasi ha scatenato le proprie frustrazioni da ex marito geloso, i medici hanno contato 22 o 23 ferite, alcune delle quali in zone vitali, come il petto e l’addome, altre alle gambe e sulle mani, con le quali il professore ha tentato di ripararsi da quella lama lunga e affilata. Oggi si terrà l’autopsia, ma servirà a svelare solo i dettagli di un delitto orribile. Chiaro già ora invece il movente, di natura passionale, intuito subito dagli investigatori perché in paese tutti sapevano che Dimasi, diviso da settembre dalla moglie, non sopportava l’idea che l’insegnante di lettere, anch’egli separato, avesse una relazione con la sua ex. 

 
Che l’uomo fermato ieri per omicidio non si rassegnasse alla separazione lo dimostra anche una denuncia per minacce presentata il 20 gennaio scorso contro di lui dalla ex. I carabinieri avevano chiesto all’autorità giudiziaria un provvedimento che vietasse al muratore di avvicinarsi ai familiari. Nel giro di pochi giorni, probabilmente, sarebbe scattata una misura a tutela dei familiari. Ma intanto l’odio di Dimasi s’è sfogato contro l’uomo che vedeva come un rivale. 

Nella serata di sabato gli investigatori avevano rintracciato l’auto dell’artigiano, una Fiat 600 scura. Non era distante dall’abitazione di Perticano e a piedi non poteva essersi allontanato troppo. Così i carabinieri avevano sempre tenuto una pattuglia per controllare l’abitazione del fuggitivo. Dimasi ieri, poco prima delle quattro di pomeriggio, s’è avvicinato troppo all’abitazione e una pattuglia del Nucleo radiomobile di Fabriano, inviata dal comandante di compagnia Mirko Boccolini, l’ha catturato. Un’imprudenza fatale, per uno che sa di essere ricercato, forse un tentativo disperato di prendere qualcosa, soldi o vestiti, prima di tentare una fuga vera, magari verso la Calabria, sua terra d’origine, dove però sembra che non avesse legami così solidi da poter trovare un rifugio sicuro.

Già poche ore dopo il delitto, in base alle prime testimonianze raccolte dai carabinieri, il pm Serena Bizzarri aveva firmato un provvedimento di fermo per omicidio volontario a nei confronti di Sebastiano Dimasi. Alcuni testimoni avevano fatto il suo nome, dopo aver assistito all’agguato avvenuto nell’area di servizio Erg dove il professore aveva fermato la sua Alfa per fare rifornimento. Lì accanto c’è il Bar Sport e Dimasi ha visto Vitaletti uscendo dal locale. Forse però lo cercava già, aveva con sé un coltello, l’arma del delitto che non è stata ancora trovata. 

Nel primo pomeriggio il muratore aveva tentato di parlare di nuovo con l’ex moglie, che abita con due figli minorenni a 200 metri dal bar Sport, dove lavora. La donna però, già spaventata dal pressing dell’ex marito e delle minacce, non gli avrebbe aperto. E sembra che l’uomo si fosse presentato anche in parrocchia per prendere il figlio dopo il catechismo. Ma il ragazzino era tornato a casa da un’ora e Dimasi se ne andato via agitato.

L’ex moglie sabato pomeriggio non aveva avvisato i carabinieri di quel tentativo di blitz, perché evidentemente non immaginava che la rabbia dell’ex marito potesse sfogarsi in quel modo contro Vitaletti. Dimasi per altro sembrava essersi calmato. Dalle testimonianze raccolte dai carabinieri della compagnia di Fabriano e del reparto operativo di Ancona, al comando del colonnello Americo Di Pirro, il muratore già dalle tre di pomeriggio era all’interno del bar, seduto a giocare a carte. Apparentemente tranquillo.

A un certo punto Sebastiano Dimasi è uscito, s’è messo a chiacchierare con un ambulante, e proprio in quel momento è arrivata nel piazzale del distributore di via Buozzi l’auto di Vitaletti. 
Se davvero è stato un incontro occasionale, il professore è capitato veramente nel posto sbagliato nell’ora segnata dal destino.

Dimasi gli sarebbe corso incontro gridandogli «ti ammazzo, ti ammazzo!...» e brandendo un coltello. Vitaletti ha provato a farsi scudo con le mani, sopraffatto da quella furia, trafitto da più di venti colpi. Poi Dimasi è corso verso la sua 600. Un altro cliente del bar l’ha visto tutto trafelato, armeggiare con dei guanti. «Che succede Nello?», gli ha chiesto. «Niente, niente...», l’ha liquidato il muratore. Intanto Alessandro, dall’altra parte della strada, crollava sul selciato, agonizzante. Il professore è morto mentre lo trasportavano in ospedale.

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