Raffineria, inquinamento ambientale e lesioni. Inchiesta chiusa, 18 indagati

Raffineria, inquinamento ambientale. Inchiesta chiusa, 18 indagati
Raffineria, inquinamento ambientale. Inchiesta chiusa, 18 indagati
di Federica Serfilippi
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Martedì 26 Luglio 2022, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 09:21

ANCONA - Inquinamento ambientale, chiuse le indagini partite dopo l'incidente avvenuto sul tetto del serbatoio TK 61 della Raffineria Api di Falconara. Ci sono 18 indagati. Gli avvisi sono stati notificati nelle ultime ore dai carabinieri del Noe, coordinati sul campo dal pm di Ancona Irene Bilotta. Agli indagati sono contestati a vario titolo reati in materia ambientale, e segnatamente il disastro ambientale, la gestione illecita di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, il getto pericoloso di cose, lesioni personali a carico di numerosi cittadini. Sono inoltre stati contestati delitti contro la pubblica amministrazione, la violazione della normativa sulla gestione degli impianti a rischio di incidente rilevante e la responsabilità amministrativa degli enti nei confronti della società Api Raffineria Spa.

Le indagini 

Le indagini, condotte dal Noe di Ancona, hanno avuto origine a seguito dell'incidente avvenuto l'11 aprile del 2018.

In quella data, come spiegato in una nota diramata dal Noe,  «si verificò l'inclinazione del tetto galleggiante di un serbatoio situato all’interno del polo petrolifero». Si trattava della cisterna TK 61. In particolare, «l'evento riguardò uno dei serbatoi più grandi d'Europa per una capacità di portata pari a 160.000 metri cubi di petrolio greggio, provocando la fuoriuscita di una nuvola di gas idrocarburici e la conseguente percezione di forti e prolungati miasmi da parte della popolazione della zona, oltre al serio pericolo per la sicurezza derivante dal rischio di esplosioni». Con l'attività di indagine, espletata anhe con il contributo di consulenti tecnici, la procura ha contestato alla raffineria ripetute violazioni, sia delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi, sia degli stessi dettami sanciti dalla specifica normativa di settore. Le indagini espletate hanno fatto emergere «gravi carenze strutturali negli impianti, con diffusione incontrollata e prolungata nell’ecosistema di inquinanti».

Il disastro ambientale

In particolare l'ipotesi di disastro ambientale è stata contestata in riferimento «alla grave compromissione della matrice suolo e sottosuolo, della qualità dell’aria delle zone limitrofe all'impianto petrolchimico falconarese, delle acque superficiali e delle acque sotterranee presso le quali è stata più volte riscontrata la presenza di reflui industriali contenenti Idrocarburi». Stando a quanto contestato dalla procura, l’inquinamento e la perdurante dispersione di prodotti nel suolo e nel sottosuolo sarebbero stati principalmente provocati dallo stato di deterioramento degli impianti e dalle gravi carenze riscontrate nell’ ispezione e manutenzione di vari serbatoi, nonché degli impianti di trattamento delle acque di scarico (T.A.S.), di trattamento delle acque di falda (T.A.F.) e della rete fognaria oleosa della raffineria. La contestata compromissione della qualità dell'aria 
sarebbe stata invece provocata dalle ripetute emissioni di gas derivanti dalla lavorazione degli idrocarburi.
La contestazione degli organi inquirenti è che tali condotte siano sorrette «dalla volontà di risparmiare gli ingenti costi per l'ispezione, la manutenzione e l'adeguamento degli impianti in questione».

Il ruolo del pubblico ufficiale

A seguito delle indagini sono inoltre stati contestati reati contro la pubblica amministrazione, segnatamente i reati di abuso d'ufficio, rivelazione di segreti d'ufficio e istigazione alla corruzione, da parte di un pubblico ufficiale al vertice dell'organo tecnico deputato al controllo.

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