ANCONA Pugni, minacce di morte, umiliazioni. Una volta avrebbe tentato di strangolarla con un cavo elettrico, in un’altra circostanza le avrebbe sottratto il cellulare per impedirle di chiamare i carabinieri. Avrebbe pure minacciato di buttare dal balcone la loro figlioletta di 3 anni, per poi prenderla e andarsene di casa con lei. Ma tutte le contestazioni - maltrattamenti in famiglia, rapina e sottrazione di minore - sono decadute, tranne una: le lesioni. È questo l’unico reato per il quale ieri il collegio penale ha condannato a 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e a seguire un percorso di recupero presso un’associazione anti-violenza un afghano di 33 anni, residente a Falconara.
Non è stata riconosciuta la continuità dei presunti maltrattamenti, che sarebbero avvenuti nell’arco di due anni.
L’unico episodio per il quale il 33enne, difeso dall’avvocato Filippo Paladini, è stato condannato, risale proprio alla sera dell’arresto: la moglie (dalla quale non è legalmente separato) aveva raccontato ai carabinieri di essere stata afferrata per le braccia, sbattuta contro il muro e colpita con schiaffi al volto e un pugno alla nuca.
«Ti uccido», le avrebbe urlato il marito, prendendola per il collo, per poi strapparle il cellulare con cui lei voleva chiamare il 112 e portandoselo via di casa insieme alla loro bambina. La vittima era finita all’ospedale per i traumi riportati ai polsi (7 giorni di prognosi). L’imputato, dunque, è stato punito solo per le lesioni, nonostante la procura avesse chiesto la condanna a 3 anni e 3 mesi.
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