Ancona, esplode la protesta contro il decreto Coronavirus: «I 600 euro per le partite Iva? In beneficenza agli ospedali»

Ancona, esplode la protesta contro il decreto Coronavirus: «I 600 euro per le partite Iva? In beneficenza agli ospedali»
Ancona, esplode la protesta contro il decreto Coronavirus: «I 600 euro per le partite Iva? In beneficenza agli ospedali»
di Stefano Rispoli
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Mercoledì 18 Marzo 2020, 10:17

ANCONA - Seicento euro per le partite Iva? «Diamoli in beneficenza agli ospedali per acquistare mascherine». È la proposta provocatoria di Roberto Amati, che nel suo negozio di acquari Angoli di Natura, in via Martiri della Resistenza, ha esposto uno striscione contro il decreto Cura Italia. Le misure economiche per fronteggiare l'emergenza Coronavirus hanno provocato la rivolta del popolo delle partite Iva e dei co.co.co., ovvero dei lavoratori autonomi e delle imprese individuali (quasi 5 milioni di italiani) scontenti per una manovra che all'inizio prevedeva un'indennità una tantum di 600 euro, poi trasformata in corsa in erogazione mensile, non tassabile, per tutta la durata dell'emergenza.

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«Come al solito siamo bistrattati - è l'amaro commento di Amati -. Non abbiamo bisogno di elemosina, perciò invito tutti a fare come me: se mai arriveranno i 600 euro, devolviamoli all'ospedale per comprare mascherine e ventilatori, visto che scarseggiano. Quei soldi non salveranno un'attività, ma potranno salvare qualche vita umana». Il negozio dell'esercente anconetano è rimasto sempre aperto, dal momento che commercializza pesci, coralli e animali vivi.
 
«Non posso farlo, altrimenti avrei chiuso - confessa -. Sarebbe più conveniente, almeno risparmierei sui costi fissi a fronte di incassi ridicoli. Resisto solo per il bene dei clienti. Noi abbiamo bisogno di altro dallo Stato, non dei 600 euro: non dico che i debiti vanno cancellati, ma almeno congelati per sopperire a una mancanza di liquidità inevitabile». È una proposta caldeggiata anche da Confartigianato Imprese di Ancona-Pesaro Urbino che nel suo nuovo sito presenta adempimenti e novità fiscali del decreto. «Più che Cura Italia, è un'aspirina - sintetizza il segretario Marco Pierpaoli -. Va bene per le famiglie, i dipendenti per i quali è prevista la cassa integrazione e forse le grandi aziende, ma non per gli autonomi e le partite Iva anche perché al contributo di 600 euro non accederanno tutti, ma solo chi è stato costretto a chiudere per il decreto ministeriale, come bar e ristoranti. Chi si è fermato perché non riusciva a rispettare i vari adempimenti, non percepirà l'indennità, come chi è iscritto alla cassa previdenziale autonoma. Andrebbero varate misure a sostegno del piccolo imprenditore e del lavoratore autonomo. Oltretutto, la proroga del versamento dei tributi è arrivata in modo tardivo, così che molti hanno pagato ugualmente, per evitare rischi. È un provvedimento di sospensione delle imposte, ma non di sostegno alla piccola impresa. Ci auguriamo sia solo un primo step, ma non può essere l'unico». Il malcontento è generale e non riguarda solo il popolo delle partite Iva.
«È una manovra che non aiuta, l'unica soluzione è congelare ogni pagamento, pubblico e privato, per uno o due mesi, altrimenti si andrà incontro a una moria di aziende - sostiene Sauro Vignoni, amministratore delegato della Bioedil-Vuesse, realtà della Baraccola che opera nel campo delle ristrutturazioni edilizie -. Noi siamo quasi fermi, i cantieri sono chiusi. A giorni arrivano scadenze per merci acquistate due o tre mesi fa, a cui dobbiamo far fronte senza fatturare». «In questo periodo andiamo incontro solo a costi e a zero incassi - aggiunge Vignoni -. Ammesso che si ripartirà dal 3 aprile, non sarà semplice: quando un ciclo economico viene interrotto, la ripresa richiede tempo. Resterà a lungo la paura del contagio: non basta posticipare il pagamento dei contributi o la cassa integrazione per i dipendenti. È solo un pannicello caldo».
 

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