«Con Diamond sfondammo. Ma poi abbiamo detto stop» La band anconetana Via Verdi ha venduto 4 milioni di copie negli anni ‘80

«Con Diamond sfondammo. Ma poi abbiamo detto stop» La band anconetana Via Verdi ha venduto 4 milioni di copie negli anni ‘80
«Con Diamond sfondammo. Ma poi abbiamo detto stop» La band anconetana Via Verdi ha venduto 4 milioni di copie negli anni ‘80
di Andrea Maccarone
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Sabato 28 Ottobre 2023, 12:30 - Ultimo aggiornamento: 21:07

Marco Grati, chitarrista, produttore e direttore artistico della storica band anconetana Via Verdi, simbolo della dance anni ‘80: come ci si sente ad aver segnato la storia della “italo disco”? 
«È stato entusiasmante, travolgente. Fin troppo. Tanto che non abbiamo retto all’onda d’urto del successo. Eravamo giovani. Però non limiterei i Via Verdi alla “italo disco”. Noi eravamo dei rocker impenitenti. “Diamond”, il brano che chi ha portati alla fama internazionale, è stato solo una perla in stile dance come andava negli anni ‘80». 

Allora partiamo dall’inizio. Com’è nata “Diamond”, singolo che ha portato i Via Verdi in tutto il mondo? 
«A ripensarci mi viene da sorridere: è nata mentre mi stavo asciugando i capelli.

Avevo questa melodia che mi ronzava in testa. Chiamo subito il nostro tastierista, Glauco Medori, e gli dico che dovevamo immediatamente registrarla. Così andiamo nei nostri studi di registrazione con il resto della band e buttiamo giù la canzone». 

I Via Verdi, come lei rocker impenitenti, alla prova della dance anni ‘80. Perché? 
«Perché stavamo cercando un modo per uscire dalle cantine e farci notare da un pubblico più ampio. Ovviamente a quell’epoca il trampolino di lancio si chiamava Claudio Cecchetto». 

E quindi che cosa è successo? 
«Andiamo ai Rimini Recording Studios, dove Cecchetto collaborava e faceva un po’ da talent scout per le nuove band. Consegnamo “Diamond” che arriva nelle mani di Cecchetto. Il resto è storia». 

Ce la racconti questa storia. 
«A dicembre del 1985 “Diamond” esce in tutta Europa e vola prima in classifica. Vende 4 milioni di copie. Per 6 mesi resta in classifica e per altrettanti mesi siamo la sigla ufficiale di DeeJay Television, il programma di Linus su Italia 1». 

A quel punto? 
«Arriva il successo, quello vero. Improvviso. Travolgente. Arriva il Festivalbar, Azzurro. Un vortice frenetico. Concerti, tv, interviste, copertine. Non c’era più vita privata. Non potevamo camminare per strada, che tutti ci riconoscevano e volevano autografi, foto. Pensi che una volta - io ho sempre portato i capelli molto lunghi - mi tagliai i capelli per poter andare al cinema ad Ancona senza essere riconosciuto. Ci riuscii, fu liberatorio». 

Che cosa accadde dopo “Diamond”? 
«Arrivarono altri due singoli di successo: “Sometimes” e “You and me”. Di nuovo in classifica, di nuovo nel vortice». 

In quel periodo, nell’88, sfioraste anche Sanremo. Cosa successe? 
«Dovevamo andare proprio con “You and me”. Ma dentro la band cominciarono le prime incomprensioni. Eravamo troppo giovani per reggere la botta del successo. Cecchetto capì che tra noi le cose non andavano. Decise che non eravamo pronti. Così sfumò Sanremo». 

Di lì a poco si spensero anche i riflettori sui Via Verdi, non è così?
«Fummo noi a spegnere i riflettori, all’apice del successo. Se ci ripenso oggi mi viene da dire che fummo dei pazzi. Ad ogni modo il primo a lasciare la band fu il batterista Massimo Marchione. Scomparve nel nulla, tutt’oggi non sappiamo dove sia. Non abbiamo più notizie di lui da allora. Subito dopo se ne andò il frontman, Remo Zito (che ora fa il tassista). Poi il bassista, Armando Grati. Rimanemmo solo io e Glauco Medori (oggi produttore). Andammo avanti con altri musicisti. Ma nel ‘91 decidemmo di mettere fine al progetto Via Verdi». 

Poi la reunion con Remo Zito nel 2017. Come mai? 
«In realtà i Via Verdi si riunirono già prima, ma senza Remo. Decidemmo di tornare con lui dopo l’apparizione che facemmo al programma Meteore nel ‘99. Dopo anni ci trovammo di nuovo insieme. Nel 2017 tornammo definitivamente in attività e nel 2021 uscimmo con un nuovo album a firma Via Verdi: “Show your face”. 

Arriviamo al presente. Chi sono oggi i Via Verdi? 
«Oltre a me, Glauco e Remo sono arrivati Francesco Popolo al basso e Simone Medori, figlio di Glauco, alla batteria. Facciamo regolarmente tournèe e concerti. Ma con meno pressioni, ovviamente, rispetto agli anni d’oro». 

Che cosa bolle in pentola? 
«Un nuovo singolo e un nuovo album che usciranno prima della prossima estate. Ma non voglio svelare di più, se non che sarà un disco in pieno stile Via Verdi». 

Qualche rimpianto? 
«Nessuno. Le nostre canzoni continuano ad essere ascoltate in tutto il mondo. Su Spotify abbiamo centinaia di migliaia di ascolti. Direi che possiamo essere soddisfatti così».

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