CHIARAVALLE - Aveva il montante pesante e l’anima gentile Mabobo “Joe Louis” Kamunga. Joe era conosciuto e apprezzato in città e ovunque: era stato un buon pugile, congolese di Kintambo e chiaravallese d’adozione, un ottimo atleta che aveva in Sumbu Kalambay un amico e un punto di riferimento.
Il “Grande Joe”, come lo chiamavano anche per la sua mole, se n’è andato domenica, in un’afosa giornata di maggio, alla Rsa dell’Opera Pia Mastai Ferretti di Senigallia, mentre il suo Milan si stava avvicinando allo scudetto.
Kamunga non passava inosservato: era maestoso e potente, imperioso e forte. Era buono. La sua boxe era essenziale e avrebbe meritato maggior fortuna per le potenzialità che aveva dimostrato. Era arrivato in Italia nel 1980 e si era stabilito a Roseto degli Abruzzi: lo allenava il maestro Cipriani. «Lo piango con tanta tristezza - dice l’amico Claude Tshiyekela, anch’egli ex pugile di valore - e lo ricordo con molto affetto. Siamo cresciuti a Kintambo, nello stesso quartiere, siamo diventati adolescenti e poi adulti insieme: abbiamo condiviso tante avventure, tante sofferenze e tante soddisfazioni.
Era un pugile molto bravo, aveva uno stile cristallino: non era un picchiatore ma era un buon incassatore e sapeva stare sul ring. Aveva un jab fastidioso e pericoloso. È stato un superwelter, poi ha combattuto parecchio in Italia nelle categorie dei medi e dei mediomassimi». Dopo essersi ritirato dalla boxe agonistica aveva lavorato come addetto alla sicurezza in diversi locali tra cui il mitico Green Leaves. Joe era una persona semplice, generosa e buona. Per questo in tanti oggi lo piangono e si stringono alla famiglia.