«Vado in prigione, ma prima ti uccido». Botte alla moglie, asiatico finisce a processo

«Vado in prigione, ma prima ti uccido». Botte alla moglie, asiatico finisce a processo
«Vado in prigione, ma prima ti uccido». Botte alla moglie, asiatico finisce a processo
di Federica Serfilippi
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Giovedì 30 Marzo 2023, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 16:39

ANCONA  - Percosse e insulti non solo alla moglie, ma anche ai due figli. È finito a processo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia un 60enne asiatico, che dallo scorso settembre ha pendente il divieto di avvicinamento ai suoi familiari, con tanto di braccialetto elettronico. Ieri, davanti al collegio penale, è iniziato il dibattimento.

 
I racconti


A testimoniare sono state le tre parti offese: moglie e due figli.

Tutti hanno concordato su un aspetto: le violenze, tutte avvenute tra le mura domestiche, si concretizzavano quando l’uomo beveva. «Temevo per la mia vita e per quella dei miei figli - ha detto la donna, riferendosi ai soprusi subiti dal marito -. Capitava che si scagliava contro di me e in mezzo si metteva mio figlio. Non sono mai voluta andare in ospedale, perché avevo paura di possibili ritorsioni. E poi non volevo distruggere la nostra famiglia». 


L’episodio scatenante che aveva portato la donna a rivolgersi ai carabinieri di Collemarino risale al 18 settembre del 2022. Era una domenica. In casa s’era scatenato un violento litigio tra marito, ubriaco, e moglie. Lui aveva preso un coltello lungo quasi 40 centimetri. «Io in galera ci vado, ma prima ti ammazzo» avrebbe detto l’imputato. A chiamare il 112 prima che la situazione potesse degenerare era stata la figlia 21enne della coppia. «Noi avevamo paura» ha detto ieri la ragazza. La lama era stata sequestrata e l’uomo denunciato. Pochi giorni dopo era scattata la misura del divieto di avvicinamento ai familiari. 


Il figlio minore, oggi 18enne, sarebbe intervenuto in più occasioni per difendere la madre: «Una volta l’ha presa per il collo e l’ha buttata contro la porta. Se la maltrattava? Sì» ha detto rispondendo alla domanda del giudice. Anche lui, in un frangente, aveva riportato dei graffi al collo. Nella vita matrimoniale ci sarebbero stati insulti e minacce: «Se eri al nostro Paese, eri già morta» avrebbe detto il 60enne, difeso dall’avvocato Maria Alessandra Tatò. Potrà dare la sua versione dei fatti nell’udienza del 3 maggio. 

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