Stop alla mafia nigeriana, in cella 15 affiliati al “nido". Tratta di giovani prostitute, riciclaggio di denaro e violenze per reclutare adepti con riti tribali

Stop alla mafia nigeriana, in cella 15 affiliati al “nido. Tratta di giovani prostitute, riciclaggio di denaro e violenze per reclutare adepti con riti tribali
Stop alla mafia nigeriana, in cella 15 affiliati al “nido. ​Tratta di giovani prostitute, riciclaggio di denaro e violenze per reclutare adepti con riti tribali
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 22 Luglio 2020, 04:20 - Ultimo aggiornamento: 08:32

ANCONA  - Osagie Johnson, 31 anni, è stato svegliato prima dell’alba dal blitz della Squadra Mobile nell’appartamento di Jesi, al Viale della Vittoria, dove abita da tempo con moglie e figlioletta. Di lì a poco si sarebbe dovuto alzare per il suo turno di lavoro in un’officina della zona che assembla cabine per trattori. Ma quell’occupazione da operaio metalmeccanico, secondo un’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia dell’Aquila, sarebbe stata poco più che un’attività di copertura. Perché Osagie, nigeriano conosciuto con i soprannomi di Id o Solid G, è accusato di ricoprire il ruolo di Ibaka, capo, in una cellula locale della temutissima mafia nigeriana “Eiye”, un sodalizio criminale radicato in Africa ma ormai diffuso in molti Stati non solo europei, considerato per struttura e capacità d’intimidazione al livello delle mafie tradizionali.

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Tanto che ieri mattina Osagie Johnson è stato sottoposto a fermo, insieme a 14 connazionali residenti tra le province di Ancona, Ascoli, Teramo e Agrigento (altri quattro sono latitanti) per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di altri reati, ipotizzati dalla Procura antimafia abruzzese a vario titolo nei confronti degli indagati, 27 in tutto. Si va dal riciclaggio ed illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria alla tratta di giovani donne sfruttate sessualmente lungo la strada Bonifica del Tronto e sottoposte a violenze e vessazioni, passando per occasionali episodi di cessione di stupefacenti (non il core business della banda) fino a reati violenti nei confronti di aderenti ad altri cult o punitivi nei confronti di connazionali.

L’operazione condotta dalle Squadre Mobili di Ancona e Teramo, dirette rispettivamente dai vicequestori Carlo Pinto e Roberta Cicchetti, ha portato allo scoperto un nest (nido in inglese) denominato Pesha, cellula locale della Supreme Eiye Confraternity che secondo la Dda dell’Aquila aveva come zona d’influenza la fascia costiera Adriatica tra la provincia di Teramo e le Marche, risalendo fino ad Ancona. Proprio nel capoluogo di regione, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, è avvenuto nel luglio dell’anno scorso uno degli scontri con la confraternita rivale dei “Black Axe”, altra gang di nigeriani, che aveva lasciato sul campo un ferito con un dito ammaccato da una sprangata. Le due gang nigeriane, in lotta per la conquista di territori e adepti, ebbero un’altra scaramuccia, nel dicembre scorso, a Pesaro. 
Siamo alla fase-3 di un’indagine sulle mafie nigeriane che già l’anno scorso, tra giugno e dicembre, aveva fatto scattare arresti per una tratta di giovani nigeriane (Operazione “Subjection”) e poi per riciclaggio di profitti illeciti in Nigeria, una sorta di money transfer ombra (Operazione Travelers). Bastava che uno degli Ibaka telefonasse in Nigeria per movimentare, semplicemente sulla parola, somme per decine di migliaia di euro, che poi la banda trovava modo di far arrivare in Africa. 

L’operazione scattata ieri, che ha portato in cella 15 nigeriani tra i 25 e i 41 anni, alcuni con ruoli apicali, altri semplici manovali, riguarda soprattutto presunti reati (tutti ancora da dimostrare nelle opportune sedi giudiziarie) commessi durante le affiliazioni. Per far parte di una cellula territoriale degli “Eiye”, secondo quanto ricostruito grazie alle intercettazioni e al racconto di un pentito stanco prendere legnate, bisogna sottostare a un rito tribale violento, in cui l’affiliato sopportava pesanti dosi di calci e pugni in casa di un Ibaka, giurando fedeltà a vita agli “Eiye” e impegnandosi al rispetto delle regole (orientation) dell’associazione. L’ingresso prevede infatti l’obbligo di finanziare, con una sorta di “tassa di iscrizione”, la confraternita verso la quale gli associati restano a disposizione praticamente a vita. 

Il Nest, insomma, prosperava con le affiliazioni lucrando non solo con i traffici illeciti di denaro e prostitute, ma anche con le rendite delle iscrizioni.

Ecco perché non erano ammessi sgarri, né defezioni e molti “soldati” venivano ingaggiati contro la loro volontà, sia per fare cassa con le affiliazioni sia per il timore che andassero a rinforzare le fila dei Black Axe. Uno degli episodi contestati a Solid G, l’Ibaka jesino, riguarda proprio il presunto pestaggio di un affiliato commesso a Martinsicuro, in provincia di Teramo, in cui viene contestata l’aggravante di aver procurato lesioni in più di cinque persone. La vittima venne colpita con pugni e calci, si ipotizza nel decreto di fermo, «perché non aveva partecipato alle attività del nido Pesha, perché non conosceva correttamente le regole del cult e non svolgeva adeguatamente i compiti previsti dal ruolo di eagle rivestito a Martinsicuro».

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