ANCONA - «Ho avuto paura, tanta. Più per mia figlia che per me», sospira Anna. A trent’anni, lei e la bimba che porta in grembo hanno rischiato di non farcela. Il Covid si è insinuato subdolamente nei suoi polmoni. «La febbre, la fatica a respirare, la saturazione sempre più bassa», ricorda. Poi, il ricovero al Salesi, il 13 gennaio. In Rianimazione pediatrica è rimasta fino a venerdì sera, prima di essere trasferita in Ostetricia. Oggi le dimissioni.
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«La prima cosa che farò? Guardare negli occhi il mio compagno, dirgli che lo amo.
Un calvario. «Dei primi giorni ricordo poco - racconta -. Mi hanno messo la maschera per l’ossigeno, hanno cominciato la terapia. Ero spaventata, avevo paura che non ce l’avrei fatta. Ma soprattutto ero terrorizzata per mia figlia: ogni giorno mi facevano sentire il suo battito, ma io ero comunque preoccupata». Alle cure, però, Anna ha risposto bene. Certo è stata dura. «Ero chiusa in una stanza, da sola, senza poter vedere nessuno, se non i medici e gli infermieri. Sono stati degli angeli, non dimenticherò mai il primario Alessandro Simonini, il dottor Simone Pizzi e tutti i professionisti di quel team eccezionale. Anche se nascosti dietro una maschera, riuscivano a farmi sorridere. E mi hanno fatto un grande regalo: farmi parlare in videochiamata con la mia famiglia e il mio compagno. Erano piccoli momenti di distrazione, ma importantissimi perché isolata in quella stanza il tempo non passava mai».
«Se mi guardo indietro, mi vengono i brividi - dice -. Ringrazio Dio per avermi aiutato a superare questa malattia. Quando sento dire che il Covid non esiste e colpisce solo gli anziani, vado in bestia. Io davvero ho temuto di morire». E invece Anna sta per tornare a casa, anche se attende l’esito dell’ultimo tampone, sperando sia negativo. A metà maggio darà alla luce la sua adorata bambina. È la vita che trionfa sul Covid.