Ancona, muore dopo l’intervento al cuore: gli eredi chiedono un milione a 3 ospedali

Ancona, muore a 74 anni dopo l’intervento al cuore: gli eredi chiedono un milione a 3 ospedali
Ancona, muore a 74 anni dopo l’intervento al cuore: gli eredi chiedono un milione a 3 ospedali
di Stefano Rispoli
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Lunedì 12 Febbraio 2024, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 15:21

ANCONA L’ospedale di Torrette lo avrebbe dimesso troppo presto dopo l’operazione al cuore. La casa di cura Villa Serena, a Pescara, non avrebbe sospeso il trattamento farmacologico prescritto, favorendo il sanguinamento. Al policlinico di Chieti, infine, il paziente avrebbe subito il perforamento della pleura con il catetere venoso per una manovra dell’anestesista. Tre presunti errori in serie che avrebbero determinato la morte di un 74enne di Chieti, i cui eredi, assistiti dall’ex deputato e avvocato Andrea Colletti del Foro di Pescara, hanno intentato una causa civile e ora chiedono alle tre strutture sanitarie un risarcimento da poco meno di un milione di euro.

La ricostruzione

In primo grado il tribunale di Chieti ha respinto l’istanza presentata dalla moglie, dai due figli e dai tre nipoti dell’anziano deceduto l’8 ottobre 2018, ma la sentenza è stata impugnata e il prossimo 27 marzo dovrà esprimersi la Corte d’Appello dell’Aquila.

In mano, infatti, gli eredi hanno due distinti pareri dei periti (il consulente di parte e quello nominato dal tribunale di Chieti) che attribuiscono alle tre strutture sanitarie, in proporzioni diverse, la responsabilità del decesso del 74enne cardiopatico, affetto da insufficienza valvolare aortica ed ectasia dell’aorta ascendente. Il 28 settembre 2018 si sottopose a un intervento all’ospedale di Torrette per la sostituzione della valvola aortica e dell’aorta ascendente, secondo la tecnica di Bentall, con reimpianto selettivo degli osti coronarici e protesi biologica. Per l’accusa, sostenuta dal parere dei Ctu, sarebbe stato dimesso dopo due giorni nonostante «la presenza di un ematoma di dimensioni non trascurabili, ancorché privo di segni di rifornimento», dovuto a una «emorragia interna per rottura delle suture». Condizioni che, secondo i consulenti, «avrebbero dovuto consigliare un atteggiamento di prudenza e, se così fosse stato, il reintervento nella stessa sede ospedaliera avrebbe comportato maggiori probabilità di sanare la complicanza» e, dunque, più speranze di sopravvivenza del paziente. Che, invece, fu trasferito in riabilitazione alla casa di cura Villa Serena di Pescara, con una prescrizione di terapia eparinica contro l’ipercoagulazione. Per quanto più sottile, anche la struttura privata abruzzese avrebbe una sua quota di responsabilità per non aver sospeso la terapia nonostante i parametri sulla coagulazione, favorendo così il sanguinamento al cuore.

Il decesso

A causa del versamento pericardico e dello choc cardiogeno, l’8 ottobre 2018 il paziente fu trasferito d’urgenza al policlinico di Chieti, dove l’anestesista, posizionando il catetere, avrebbe perforato la giugulare, entrando direttamente nel cavo pleurico. Per i periti, il 74enne «anche senza l’errore dell’anestesista difficilmente sarebbe sopravvissuto». Di qui la gradazione di responsabilità individuata per le 3 strutture, non riconosciuta però in primo grado dal giudice, secondo cui il danno da perdita di chance non è stato così grave ed evidente da essere risarcibile. Ora sarà la Corte d’Appello dell’Aquila a stabilire la verità.

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