Ristoranti, ecco il risveglio. ma chi è senza dehors non ha scelta ed è costretto a chiudere

Ristoranti, ecco il risveglio. ma chi è senza dehors non ha scelta ed è costretto a chiudere
Ristoranti, ecco il risveglio. ma chi è senza dehors non ha scelta ed è costretto a chiudere
di Andrea Maccarone
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Domenica 9 Maggio 2021, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 09:47

ANCONA  - Cominciano ad ingranare i ristoranti all’aperto. Seppure ogni venerdì va in scena il brivido delle zone cromatiche. Ma il dramma vero è per chi non ha il dehors. Tra questi c’è addirittura chi ha deciso di tenere abbassata la serranda. Inutile restare aperti per qualche consegna. Infatti con la riapertura delle attività in outdoor, gli asporti sono crollati pesantemente. Anzi, quasi del tutto azzerati. Tanto che, a conti fatti, alcuni ristoratori hanno scelto l’opzione più drastica: chiusura fino a quando il governo non permetterà il servizio al tavolo anche all’interno, previsto a partire dal primo giorno.

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Sono i dannati della ristorazione, quelli che senza dehors possono lavorare solo con l’asporto.

Ma con la concorrenza di chi può servire all’aperto, il delivery è diventato quasi nullo. Così alcuni hanno deciso di restare chiusi. «Siamo fermi del tutto - sbotta Paola Amoruso, titolare del ristorante Sot’Aj Archi - se con il nuovo dpcm non cambia qualcosa siamo veramente nei guai». E’ il grido d’allarme di quelle attività che si vedono prolungare la tremenda agonia. Fatturati in rosso e spese fisse in costante accumulo. Per non parlare dei dipendenti ancora aggrappati alla cassaintegrazione. «Come fanno ad andare avanti questi ragazzi? - si chiede Amoruso - anche loro devono vivere. La situazione è drammatica veramente, ma nessuno ci ascolta». 


Uno scenario previsto, e che puntualmente si è verificato. «Sapevamo che sarebbe andata così - commenta rassegnato Marco Bedini de La Vecchia Osteria - io continuo a stare aperto con l’asporto, ma il volume delle richieste si è ridotto sensibilmente. Prima il giorno migliore era la domenica. Ma adesso, col fatto che la gente può scegliere di andare a pranzo all’aperto, non si lavora più». Un danno prima di tutto economico, ma anche dal punto di vista emotivo comincia ad essere dura. «Sono demoralizzato - continua Bedini - speriamo in un allentamento delle restrizioni al più presto». Mentre l’altro volto della ristorazione è sicuramente meno teso. Anche se ogni venerdì sera si sta col fiato sospeso per le assegnazioni delle nuove fasce cromatiche. 


L’indice dei contagi non è ancora al riparo da rialzi improvvisi. Il brivido di un ritorno in zona arancione incombe sui ristoratori che hanno investito sui dehors e sulle riaperture. «Abbiamo fatto nuove assunzioni e rifornimenti di materie prime - commenta Denise Catalano de Lascensore - per ora tutto va per il meglio, ma se dovessimo tornare in arancione sarebbe un danno enorme». 


«Vorrebbe dire buttare in fumo tutto il percorso fatto fino ad ora - replica Gabriele Capannelli de La Bontà delle Marche - un costo che non sarebbe più sostenibile». E anche se il servizio all’aperto consente alle attività di rifiatare, resta la limitazione del coprifuoco a complicare il lavoro sul turno serale della cena. «Speriamo che da metà maggio si possa allungare almeno alle 23 - dice Simone Boari di Rosa Food - ma soprattutto ci auguriamo di non incorrere in nuove battute d’arresto. La stagione è appena cominciata e non possiamo permetterci altri stop. Ci rendiamo conto che non è il caso di considerarci ancora fuori dall’emergenza sanitaria, ma fermarci di nuovo vorrebbe dire colpire pesantemente le attività produttive».

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