Gli arredi del centro perdono pezzi. I commercianti: «Sono un obbrobrio, toglieteli o il centro diventa una banlieue»

Le isole tecnologiche di corso Garibaldi sono ridotte in pessime condizioni
Le isole tecnologiche di corso Garibaldi sono ridotte in pessime condizioni
di Andrea Maccarone
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Martedì 22 Febbraio 2022, 10:40

ANCONA - Palazzi imbrattati con lo spray. Panchine e fioriere deteriorate. Il centro in degrado perde appeal. E le isole tecnologiche ormai in disuso, lungo corso Garibaldi, sembrano reperti abbandonati ad un lento ed inesorabile declino. Per i commercianti e gli operatori «meglio toglierle, che lasciarle in quelle condizioni». La notte, infatti, si trasformano in dormitori a cielo aperto per sbadati e clochard. Oppure diventano preda di atti di vandalismo, come il resto del centro storico. E il corten, materiale di cui sono composte, comincia ad evidenziare quel colore rossastro tipico della ruggine che va ad aggredire le strutture.


«Non capisco proprio perché le abbiano realizzate», sbotta Toni Tanfani, titolare della boutique Gisa, in merito alle isole. «Meglio toglierle», sentenzia Giordano Andreatini del ristorante Clarice, che al momento della nostra telefonata si trova a Bologna e si avventura in un paragone: «Sarà pur vero che è una città più grande e più ricca - afferma - ma il decoro è una scelta politica.

Mi chiedo a chi è venuto in mente ad Ancona di fare quell’obbrobrio. Quando si prendono certe decisioni bisognerebbe avere anche una proiezione temporale». Gli schermi posizionati su una delle facciate delle isole sono perennemente spenti. «Non hanno mai funzionato - aggiunge Andreatini - mi ricordo i tecnici che ogni volta venivano a ripararli. E poi eccoli lì, di nuovo guasti». L’amarezza dei commercianti è palpabile. Tanto più che ci si avvia verso la bella stagione e la città ambisce a catturare l’attenzione dei croceristi. «Già si vede qualche turista - prosegue Andreatini - e noi ci presentiamo in queste vesti. Non è proprio il modo migliore per vendere l’immagine del capoluogo». 


Per l’avvocato Gianni Marasca, il cui studio è proprio in corso Garibaldi, il problema è culturale e ormai insito nella collettività. «È venuto meno quello che è il filo conduttore di un vivere collettivo - afferma - dove ognuno fa caso solo al suo piccolo orticello e non ha più una cognizione del vivere comune». Dunque una questione di rispetto del bene della comunità che dovrebbe arrivare prima di tutto dai cittadini, secondo quanto spiega l’avvocato. Ma di queste isole, che cosa bisognerebbe farne? «Le smontiamo, potrei essere anche d’accordo - puntualizza Marasca - ma credo che cambierebbe ben poco. I primi a doversi sentire obbligati a mantenere inalterato il decoro urbano dovrebbero essere i cittadini». 


Più controlli per una maggiore sicurezza, chiedono gli esercenti. «Altrimenti si rischia di ridurre il centro città alla stregua di una banlieue dove nessuno va volentieri», commenta Tanfani. Ma oltre alla cura servirebbero progetti di abbellimento che ricostruiscano un’immagine omogenea volta a rendere più attrattiva la città. «Anni fa si parlava di un progetto sui dehors - spiega Tanfani - che non è stato mai realizzato». Tema abbastanza spinoso che è tornato agli onori della cronaca dopo l’approvazione del nuovo regolamento sui dehors che ha tagliato fuori, però, gli esercizi di corso Mazzini nelle vicinanze della fontana del Calamo.

«Le soluzioni richiedono anni per essere attuate - insiste Marasca - ma prima di tutto devono attenere ad un’etica individuale che va ricostituita». Ma nell’immediato quali interventi potrebbero risollevare le sorti del centro? «Intanto ripristinare le facciate dei palazzi imbrattate dalle scritte - suggerisce Andreatini - poi avviare una progettazione di lungo periodo per la valorizzazione delle aree urbane che devono fungere da calamita per i turisti».

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