Schwazer, nell'autobiografia le rivelazioni choc: «Ho mentito a Carolina, ero un tossico»

A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo

Alex Schwazer si racconta a 360° nel libro 'Dopo il traguardo'
Alex Schwazer si racconta a 360° nel libro 'Dopo il traguardo'
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Martedì 16 Novembre 2021, 15:08

Gli inizi, le vittorie, il podio, gli amori e poi la depressione, fino al doping. «Questo libro è un resoconto sincero, schietto, fedele di ciò che mi è capitato»: così, Alex Schwazer presenta la sua autobiografia "Dopo il traguardo", pubblicato l'11 Novembre da La Feltrinelli. Dalla copertina, che lo vede immortalato trionfante, a braccia alzate, all’ennesima vittoria del marciatore altoatesino, tutto raccontate in 240 pagine.

«Non è la confessione di un diavolo e neppure l'apologia di un angelo. Chi vuole leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere un'altra, non la mia» dice l'atleta dopo l'archiviazione del secondo procedimento penale per doping «per non aver commesso il fatto». Ora l'atleta di Vipiteno vuole tornare a gareggiare e lo fa raccontando la sua è una storia di cadute e di redenzioni, di rinunce e di rinascite.

A 36 anni, sente di aver chiuso un ciclo importante della sua vita. In «Dopo il traguardo» non mancano rivelazioni rispetto al suo «scivolone» nel vortice del doping. «Innsbruck-Vienna, Vienna-Antalya. A Carolina e ai miei genitori ho detto che sarei andato a Roma, alla Fidal — scrive Schwazer —. Ho tenuto il cellulare acceso anche di notte, per evitare che partisse il messaggio della compagnia telefonica turca. Ragionavo già da tossico. O meglio, sragionavo. Ed ero pronto a mentire, perché doparsi vuol dire anche mentire». 

Schwazer non si è risparmiato: ha parlato anche dell'incontro con la pattinatrice Carolina Kostner: «Mi ha mandato un messaggio per invitarmi a una festa a Ortisei, per l’argento di Göteborg: il suo primo, vero, grande successo. Ancora non ci conoscevamo. Le ho risposto che dovevo allenarmi e, per non fare brutta figura, mi sono offerto di andare a trovarla a Torino. Dopo una pizza e due bottiglie bevute quasi da solo, le ho rovesciato il drink addosso. Abbiamo fatto le cinque del mattino. Eravamo in sintonia.

La mia solitudine era molto simile alla sua».

Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 sale sul podio più alto nella 50 km di marcia. È il coronamento di un sogno a soli 23 anni. Ma quel trionfo complica tutto. È come la kryptonite, per lui: sempre più solo, e in preda alla depressione, va in Turchia e acquista l'eritropoietina, un ormone proibito. A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo. E di lì, lo stop: niente Londra, niente più sport, forse. Una punizione esemplare.

«Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione - le parole di Schwazer - Quel giorno ha segnato la rinascita dell'uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d'uscita, nel quale brancolavo da anni. Sono sopravvissuto a un'imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato - sottolinea l'altoatesino - Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l'equilibrio».

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