Franco Branciaroli sarà Shylock alle Muse di Ancona: «È il presagio della moderna finanza che irrompe nel sistema»

Franco Branciaroli sarà Shylock alle Muse di Ancona: «È il presagio della moderna finanza che irrompe nel sistema»
Franco Branciaroli sarà Shylock alle Muse di Ancona: «È il presagio della moderna finanza che irrompe nel sistema»
di Lucilla Niccolini
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Lunedì 14 Novembre 2022, 04:10

Nei panni di Shylock, il mercante di Venezia, Franco Branciaroli non era ancora mai entrato. È la sua prima volta, indossando la zimarra color viola e piombo, disegnata da Stefano Nicolao, nella messinscena che, del capolavoro scespiriano, ha fatto Paolo Valerio. Secondo titolo della stagione di prosa di Marche Teatro, “Il mercante di Venezia”, prodotto da Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano e Teatro Gli Incamminati, sarà alle Muse di Ancona da giovedì 17 (ore 20,45) a domenica 20 novembre (ore 16,30).


Nessuna trasgressione, Franco Branciaroli, rispetto all’impronta antisemita del testo?
«Il regista Valerio non ha neanche pensato di darne una versione politically correct: perché non si può e perché non si deve.

Gli inglesi della fine del Cinquecento, un popolo a quell’epoca decisamente antisemita, di questo ridevano, del losco ebreo che, per salvare il capitale e la pelle, è costretto a convertirsi. Per questo, il critico ebreo Harold Bloom, nel suo libro fondamentale, “Shakespeare: The Invention of the Human”, non parla di questo dramma, che giudica “ignobile”. Però non c’è da scandalizzarsi: il sottotesto è un altro. È il presagio della moderna finanza che irrompe nel sistema classico, datato, della città marinara. E lo destabilizza. L’ebreo, tacciato di avidità e di perverso utilizzo dei suoi soldi, smaschera l’ipocrisia dei dogi, il marciume di un potere, in declino».


Nessun messaggio salvifico, dunque?
«Non era questo l’intento di Shakespeare. Anche in “Otello”, il contrasto con il “diverso”, accettato dal pubblico di allora, è solo funzionale all’intrattenimento. Poi, su un altro livello, più sottile, il drammaturgo fa del protagonista di colore il nuovo uomo europeo. Siamo noi spettatori moderni a capirlo, e a commuoverci per il paradosso».


Lei ha interpretato tanti capolavori del Bardo. Le è subito piaciuto questo personaggio, nell’affrontarlo per la prima volta?
«Non ho mai trovato un testo scespiriano che non mi piacesse. Almeno una volta, vorrei provare l’emozione di trovare un suo testo sgradevole». Ride.


Come ci si sente, nei panni di Shylock?
«Per un attore, è molto stimolante, anche se non è il vero protagonista: rappresenta l’irruzione della realtà in un mondo poetico, abitato dagli altri personaggi, come Porzia e Bassanio. La sua verità arriva diritta al pubblico, senza mediazioni».


Una volta, in un’intervista, minimizzando il suo ruolo, ha detto che l’attore fa quello che gli dice il regista. Con la sua personalità, sembra strano.
«Intendevo dire che il regista, se è bravo, dà buoni consigli, che l’attore deve seguire, ma interpretandone l’intento a modo proprio. Prenda l’idea di Ronconi di affidarmi la parte di Medea: geniale, perché lei non rappresenta una donna, difficile da accettare se ammazza i figli, ma una divinità, che paga con l’infanticidio le sue colpe. Luca era convinto che una Medea femmina non fosse plausibile. Il resto, dare credibilità al personaggio, spettava a me».


Come definirebbe questo “Mercante”?
«Una vasca da bagno, calda, in cui il pubblico riesce a calarsi, e si riconforta».


Mostro sacro del teatro italiano, lei ha da poco pubblicato un romanzo, “La carne tonda” (Ed. Aragno). Una sorpresa. Un paradosso?
«Paradossale è semmai l’accoglienza che ha ricevuto da parte della critica, che ne ha lodato soprattutto lo stile. Da dove mi viene? Credo sia il risultato della mia frequentazione di quasi cento testi, tutti memorizzati per le scene. Alla fine, qualcosa ti resta dentro, ed evidentemente, a tua insaputa, si fonde, si organizza in un nuovo linguaggio. Nello scrivere, sono diventato un altro da me».

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