Ron in tour a Sant'Elpidio a Mare: «Vi canterò tutta la mia vita, in scaletta anche “Abitante di un corpo celeste”, l’ultimo singolo che anticipa il nuovo cd»

Il cantautore Ron
Il cantautore Ron
di Chiara Morini
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Sabato 4 Settembre 2021, 10:02

SANT'ELPIDIO A MARE - Stasera alle ore 21,30 al campo sportivo Mandozzi di Sant’Elpidio a Mare arriverà Ron, all’anagrafe Rosalino Cellamare, in una delle ultime tappe del suo tour “Live 2021”, per un concerto voluto dal Comune nell’ambito dei festeggiamenti del patrono.


Ron che emozione ha avuto tornando a suonare live?
«Tornare a cantare dal vivo, per me, è stata un’emozione fantastica. Mi è anche successo, in alcune occasioni, di commuovermi sul palco. Certo vedere le persone costrette a indossare le mascherine non è stato il massimo, ma la normativa ha richiesto questo. In ogni caso, gli occhi c’erano e la voglia di cantare tutti insieme anche. Il lockdown è stato molto duro per me. Ma non ho smesso con la musica, mi alzavo, suonavo con la chitarra, registravo e condividevo online. Il live è diverso».

 
Cos’è per lei un live?
«Non è come registrare per lunghi periodi in studio. Il live è splendido, anzi dovrei dire unico, perché unica è la serata in cui si fa. Come l’esibizione: non è mai la stessa, è sempre diversa».
Cosa canterà?
«Ci sarà sicuramente “Abitante di un corpo celeste”, l’ultimo singolo che anticipa il nuovo cd di inediti che uscirà a gennaio. Ma canterò tutta la mia vita artistica, sarà una sorta di riassunto di cinquant’anni di una carriera... iniziata molto presto. Ho cominciato già a 16 anni e ho imparato a vivere e parlare con le mie canzoni. Questo anche grazie ai grandi cantautori che ho avuto la fortuna di incontrare e di poter seguire».
Tra tutti i suoi successi, qual è quello a cui è più affezionato e che ama di più?
«Posso scegliere la canzone che non ho mai scritto, ma molto bella e che la sentivo molto vicina a me e al mio modo di essere? Intendo il brano “Una città per cantare”, una cover di “The road”, originariamente scritta e incisa nel 1972 dal cantautore statunitense Danny O’Keefe. C’era tutta la nostra generazione, ho trovato l’amore nel suo senso più ampio in quel brano. La vita, come va e deve andare avanti, sia quando le cose vanno bene che in alcuni periodi in cui sembrano andar male e accade che a volte gli artisti vengano dimenticati. La passione non deve mai finire, ma anzi, dare la forza di non fermarsi mai». 
Quanto ai cantautori che ha avuto vicino di cui parlava, può citarne alcuni? 
«Se le faccio i nomi di Lucio Dalla o Francesco De Gregori lei penserà che li nomino perché famosi. Non è per quello. Vede di Dalla in particolare ricordo quanto ha dato artisticamente a me, ma anche ad altri colleghi come gli Stadio, Samuele Bersani e altri. Siamo cresciuti con il suo sostegno. Lucio ci dava tanto, aveva capito che i giovani sono la locomotiva del nostro settore. Con loro ci sarebbero tanti altri nomi da ricordare, come ad esempio Lucio Battisti o Fabrizio De Andrè. Dovrebbero essere studiati a scuola, in qualche disciplina artistica».
Quanto al cantautorato, cosa ci può dire, anche su Musicultura?
«Bisogna sempre guardare all’oggi senza mai perdere di vista il passato. Per molto tempo nel periodo degli anni di piombo alcuni di noi non hanno cantato. E da lì è nato l’impegno sociale. Io credo nelle nuove generazioni, ma ci vuole più rispetto per quello che siamo e da dove veniamo. Molti non raccolgono l’esperienza passata, ma devo dire che in questo Musicultura è molto attenta, crea le basi per un futuro duraturo. I talent vanno bene, danno notorietà, ma spesso il successo è di un momento». 
Ron e le Marche? 
«Non c’è solo Musicultura.

Sono un vero patito frequentatore delle Marche, le adoro anche se noto che potreste arrivare molto più lontano di dove siete». 

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