Cristina Donà prima ospite alle audizioni live di Musicultura dà un consiglio ai concorrenti: «Puntate tutto sulla tecnica»

Cristina Donà FOTO FRANCESCA SARA CAULI/UFFICIO STAMPA
Cristina Donà FOTO FRANCESCA SARA CAULI/UFFICIO STAMPA
di Chiara Morini
3 Minuti di Lettura
Giovedì 24 Febbraio 2022, 10:47

MACERATA - Si aprono oggi al Teatro Lauro Rossi di Macerata le audizioni live di Musicultura e la prima ospite sarà la cantautrice lombarda Cristina Donà. A dicembre, dopo sette anni di assenza, l’artista ha pubblicato il nuovo album “deSidera”.

 
Cristina Donà, perché è importante Musicultura? 
«Credo che occasioni come questo festival siano importanti per i cantautori, perché aprono “squarci” su nuovi artisti e sulle loro composizioni preziose che magari potrebbero avere meno visibilità nel mainstream musicale. Del resto anche io ho iniziato con un concorso. I primi passi li ho mossi al premio Ciampi, poi nel 1997 ho vinto il premio Tenco nella sezione esordienti con il mio album “Tregua”».
I premi quindi aiutano i talenti musicali? 
«Se ne scoprono tanti. Dal 2013 faccio parte del Premio Bianca d’Aponte di Aversa, riservato alle cantautrici emergenti. Ogni anno ascoltiamo talenti e proposte interessanti, e anche noi artisti che abbiamo esperienza, possiamo mettere a disposizione qualcosa per farli crescere».
Ed essere a Musicultura come ospite?
«Sono contenta che mi abbiano invitato. Quello dell’ospite non è un ruolo secondario. L’anno prossimo sarò nella giuria, ma intanto sono ospite, ed esserlo vuol dire far parte di una famiglia allargata, e per noi artisti anche già conosciuti è un aspetto importante. Ho visto, tra i nomi, alcuni che avevo già incontrato e con cui ho collaborato. Proprio a Musicultura avevo visto per la prima volta Lucio Corsi».
Un incoraggiamento o consiglio ai concorrenti? 
«Puntate sulla tecnica. Mi viene da dirlo perché il talento indubbiamente è importante, ma se non c’è un significativo salto di qualità tecnico, non si riesce a fare molta strada. Non condivido il meccanismo delle gare dei talent, ma almeno hanno fatto sì che gli aspiranti si iscrivessero facendo un minimo di formazione o di corsi per approfondire. E poi voglio dire loro, e a tutti gli altri, di non forzarsi, ma di fare ciò che li fa stare bene, naturalmente con gli approfondimenti tecnici necessari. Non importa come si arriva al successo, se con un semplice pop, o con cose più elaborate: l’importante è andare avanti con ciò che si ha nelle proprie corde, altrimenti non si regge il ritmo».
Come mai ha aspettato sette anni per uscire con un nuovo album?
«Ho avviato e avuto diverse collaborazioni dal 2014, tra cui una con Ginevra Di Marco, tra live e un disco, e ho fatto molti tributi a Fabrizio De Andrè. Dopo anni passati a dedicarmi alle mie canzoni avevo bisogno di un po’ d’aria diversa. Pigrizia? Forse, di sicuro tanti rinvii. Queste sono canzoni, tranne una, che ho scritto prima della pandemia. Poi c’è stato il blocco, infine la decisione che il lavoro era completo. L’abbiamo pubblicato con un crowdfunding, ed è stato bello vedere che il pubblico non s’è dimenticato di me, ma mi ama ancora». 
Qual è il filo conduttore di “deSidera”, il desiderio? 
«Sì, non solo come desiderio amoroso, ma desiderio a tutto campo: quella forza propulsiva che ti fa agire, e che spesso ti cannibalizza. Il desiderio inteso come sentimento, come riflessioni che si fanno attorno al vuoto, alle mancanze. Le riflessioni che riguardano i piccoli desideri quotidiani che ci stimolano ogni giorno. Dovremmo chiederci se abbiamo davvero bisogno di tutto».
Perchè?
«Dovremmo consumare meno e meglio, sotto tutti i punti di vista.

Dovremmo avere un controllo maggiore, non solo parlarne. E dopo quello che abbiamo vissuto ci mancava pure la guerra». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA