Mingarelli e il docu-film su Dante “Tutte quelle vive luci”: «Il viaggio nell'Inferno un po’ la storia del presente con il Covid»

Il regista maceratese Antonio Mingarelli
Il regista maceratese Antonio Mingarelli
di Chiara Morini
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Venerdì 2 Aprile 2021, 09:50

MACERATA -Un video-documentario su Dante: è quanto Antonio Mingarelli, regista maceratese d’origine e milanese d’adozione ha ideato per Marche Palcoscenico Aperto. “Tutte quelle vive luci”, questo il titolo scelto dal regista che è anche direttore artistico di Utovia Festival, è un lungometraggio composto da cinque corti. Il lavoro, in collaborazione tra Amat, Regione e Istituto italiano di cultura a Parigi, sarà online in live streaming questa sera, giovedì 2 aprile, alle ore 21, gratuitamente, e poi da venerdì 3 a domenica 11, a 5 euro.
Mingarelli, come nasce questo progetto?

 
«I cinque corti che compongono il docu-film parlano di Dante. Ovviamente l’ispirazione mi è venuta dal settecentesimo anniversario della morte del poeta. Poi l’attuale situazione pandemica, senza riferimenti, dove mancano orizzonti: tra le figure maggiormente di spicco c’è proprio quella di Dante. E poi il suo viaggio: il passaggio nell’Inferno, un po’ la storia del presente col Covid, nel Purgatorio, e infine nel Paradiso. Se esce lui dal suo viaggio, lo faremo sicuramente anche noi».
Come ha scelto i canti? 
«In realtà li ho fatti scegliere agli artisti. Ho selezionato quelli con cui avrei voluto lavorare e gli ho chiesto di scegliere un canto. Ho voluto che ognuno si raccontasse per mezzo del canto scelto. E il docu-film è una sintesi estrema di ognuna delle tre cantiche: sono rappresentate tutte». 
C’è un filo conduttore?
«Sì. Ogni canto è uno degli espisodi, quindi un corto. Tutto è legato insieme da un personaggio che fa da “collante”, una sorta di Virgilio che spiega, o meglio, illustra, la trama. Questo è Livio Serracchiati, che sarà la guida non del poeta qui, ma del pubblico che in un certo senso si trasforma in Dante per il viaggio».
Come mai questo titolo? 
«È uno dei versi del canto venti del Paradiso. Suonava bene, sono le luci che guidano fuori dall’oscurità. Quella in cui sono caduti gli artisti e tutti i professionisti dello spettacolo, che fanno fatica. Vedo comunque che c’è grande voglia di tornare a teatro e di condividere queste esperienze».
Rivedremo quest’anno Utovie Festival? 
«Vorremmo tentare di farlo a dicembre, invece che come al solito a maggio. Abbiamo sempre lavorato in piccoli contesti, contingentati non potremmo farlo proprio. L’idea è di riprendere il Festival con compagnie nazionali quando la situazione sanitaria sarà risolta». 
Cosa auspica per il futuro del teatro e degli spettacoli? 
«Spero che ci sia un maggiore riconoscimento per le nostre professionalità. Poi ovviamente vorremmo tornare dal vivo, magari cambiando le cose da raccontare, qualcosa di più “serio”».
Altri progetti, al di là di questo film?
«È ancora da formalizzare, ma sto lavorando ad un’idea che mi frulla in testa da tempo.

Uno spettacolo teatrale che si rifaccia alla storia italiana recente, con fatti di cronaca, e torni indietro nel tempo, facendo una regressione. Una sorta di saga teatrale che racconti le vicende del nostro paese: non è una cronaca, ma una nostra elaborazione drammaturgica. La stiamo preparando, vedremo come va a finire».

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