“La sagra della Primavera” in scena
alle Muse con il coreografo Sieni

Un momento del balletto di Sieni
Un momento del balletto di Sieni
di Lucilla Niccolini
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Sabato 23 Gennaio 2016, 21:05
ANCONA - Una danza sacra va in scena il 24 gennaio alle 20,45 alle Muse di Ancona per la Stagione Danza 2015-16 di Marche Teatro. È, più che uno spettacolo, un rito cui assistere con partecipazione emotiva quasi religiosa. Da quando Vaslav Nijinsky nel 1913 curò la coreografia della composizione di Igor’ Stravinskij, “La sagra della Primavera” resta il balletto più eccitante e insieme sconvolgente della storia della danza occidentale, carico com'è di dionisiaca estasi. Virgilio Sieni, insigne coreografo toscano, direttore della Biennale Danza di Venezia, la porta di nuovo sulle scene, col corpo di undici danzatori stagliati su un tappeto rosso, nella produzione del Comunale di Bologna, sulla musica diretta da Pierre Boulez. Forse non esiste artista della danza che non abbia sognato di realizzarne una versione. Sfida mortale? Sfida vinta, e capolavoro.

Come l'ha affrontata, Sieni?
Si tratta di un rito, e rituale significa percorso di rinnovamento, percorso iniziatico... La Sagra della Primavera è un atlante di suoni e ritmi e atmosfere, e io volevo penetrare nel rito, per scovare forme simboliche ancestrali che ci legano alla natura, e sono insieme forme della comunità e di quel che la disgrega. Oggi come sempre, sul contesto sonoro di Stravinsky, che è senza tempo.

Una coreografia, la sua, che risponde ai canoni della danza contemporanea, cento anni dopo Nijinsky?
Il balletto è molto variopinto e di varia lettura, con tutta una decodificazione dei linguaggi contemporanei.

Molto forti, in questa partitura, sono lo slancio, l'energia della natura, come nel “De rerum Natura” di Lucrezio da lei coreografato?
Nel testo lucreziano, si coglie il principio che tutti noi viviamo di gravità, ci conviviamo, soggetti al clinamen, alla deviazione casuale, alla caduta inarrestabile... volevo cogliere il momento indefinito, indescrivibile, di quella declinazione della materia, con il corpo che esplora la natura, la materia e la poesia. Anche lì, il rito assume una forma quasi fisiologica: da un movimento ne discende un altro, in una ripetizione rituale.

Quindi, la coreografia della Sagra della Primavera era un passo quasi inevitabile, per lei?
Proprio perché mi sono calato in un periodo di ricerca sulla ritualità, sulla ciclicità.

La danza è una necessità del corpo umano, nasce dalla natura?
Questo è il mio demone: paesaggio, arte, movimento. Da giovane ero incantato davanti alla pittura rinascimentale: lo studio del corpo umano di Piero della Francesca, e di come esso si dispone nello spazio, architettura dentro architettura... anche la musica è architettura – se pensa a Bach... - e la danza costruisce un'urbanistica musicale, cui concorrono anche l'antropologia, le scienza neuroscienze... Anche per questo ho creato l'Accademia sull'arte del gesto, in cui persone con problemi fisici e psichici, ma anche bambini e anziani, scoprono le possibilità del proprio corpo accanto a professionisti della danza: per un'educazione allo sguardo, al contatto con l'altro. Danzare è possibile per tutti, e doveroso!.

Ad aprire lo spettacolo, prima della “Sagra”, va in scena “Preludio”, danza per sei corpi femminili su musica per due bassi di Daniele Roccato: avete mai visto danzare le statue di Canova?
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