“L'onorevole” di Sciascia ad Ancona
con Enzo Vetrano e Stefano Randisi

Una scena delle commedia
Una scena delle commedia
di ​Lucilla Niccolini
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 9 Marzo 2016, 20:48
ANCONA -  L'uomo della strada scende in politica, con la voglia di cambiare le cose e... diventa un politico corrotto, peggio degli altri. Vi ricorda qualcosa? Allora, tutti a teatro, allo Sperimentale di Ancona, a vedere fino al 13 marzo “L'onorevole”, il dramma che Enzo Vetrano e Stefano Randisi hanno tratto dall'omonimo testo di Leonardo Sciascia. Un testo ironico e severo, in cui il probo professor Frangipane (Vetrano), persuaso a candidarsi dall'autorevole monsignor Barbarino (Randisi), finisce per essere risucchiato nella logica perversa del malcostume politico.

I due geniali attori, oltre che protagonisti, sono autori dell'adattamento e della regia, con l'inserimento di riflessioni che lo scrittore dedicò alla sua esperienza politica: una sintonia perfetta. Enzo Vetrano ha un ruolo in cui l'umanità disarmante sa colorirsi di luciferine ferocie; Stefano Randisi è il personaggio la cui apparente supremazia si stempera battuta dopo battuta nella remissione di ogni pretesa.

“L'onorevole”, che vede in scena accanto a Vetrano e Randisi Susanna Marcomeni, Antonio Lo Presti, Giovanni Moschella, Dario Raimondi, Aurora Falcone, Aurelio D'Amore, Alessio Barone, è il penultimo titolo della stagione di prosa di Marche Teatro. Le scene e i costumi sono di Mela Dell'Erba, le 
luci di Max Mugnai.

Vetrano, un testo di disarmante attualità, questo di Sciascia!
“I suoi drammi sono poco conosciuti e pochissimo rappresentati, ma noi intendiamo continuare il nostro percorso sugli autori siciliani, dopo Pirandello e Scaldati. Il testo di Sciascia è del '65, e più che di attualità, è tristemente profetico della nostra politica italica. Volevamo fare uno spettacolo che parlasse anche della società e della corruzione politica, così poco frequentata a teatro. Cinquant'anni fa, Sciascia parlava di cose che allora si potevano ancora sospettare, ma erano bandite dalla cronaca: parlo degli intrecci tra politica e criminalità, che sarebbero venuti fuori molto più tardi. Tant'è vero che all'epoca, commissionato dal Teatro Stabile di Catania, il dramma fu cancellato dalla stagione: non si poteva rappresentare, anche perché pare che nel personaggio dell'onorevole fosse riconoscibile un politico di allora”.

E anche oggi, volendo identificarlo, non si farebbe fatica, vero?
“Per niente! È una storia che ci pareva giusto ritrovare, anche per la scrittura molto bella, che denuncia la perdita della cultura che viviamo oggi”

E che interpretazione, Randisi, ha scelto per il monsignore?
“Barbarino, colui che induce il professore a candidarsi, all'inizio ha su di lui una superiorità anche scenica, un ascendente che nel corso del tempo si sgretola, fino a diventare una sorta di tirapiedi dell'onorevole. Le scene, tra l'altro, sottolineano il percorso dell'animo del professore da integerrimo innamorato della letteratura a cinico affarista corrotto: si passa da uno studiolo ingombro di libri a un freddo salone di rappresentanza. Ormai è l'onorevole quello che sa come si vive, quali sono le losche decisioni da prendere”.

Insomma il prof/onorevole ha acquisito il carisma del potere...
“E il monsignore da subdolo consigliere diventa sottomesso sicario, rassegnato e servile. Ha creato un mostro. Così cerco di dargli un'umanità: non dico che sia pentito, alla fine, ma ha capito i suoi errori. Poi, il finale crea un ribaltamento, che è il nostro intervento di modifica del testo, con cui vogliamo lanciare un segnale di speranza”.

E farsi onorevole, Vetrano, che problemi le ha posto?
“Confesso che all'inizio ho avuto grosse difficoltà: all'inizio è simpaticissimo, critico con la classe politica, parla di libri, è anche divertente. Nel secondo quadro – sono passati cinque anni - è già onorevole, con tutti i compromessi: devo cambiare abito e atteggiamento in pochissimi minuti, e questo per un attore è drammatico. Da onest'uomo a corrotto! Ho dovuto cercare il mostro dentro di me, che vede solo la carriera, la ricchezza, e ha dimenticato la sua natura. E poi cambiano anche i rapporti con la moglie, che è lì a ricordargli il suo passato: una donna di forte etica, che per quel tempo doveva essere di grosso impatto... come certe donne di Eduardo!”.

Sempre teatro impegnato, voi due?
“Per le commediole c'è la tivù. Il teatro deve far pensare. Prova ne sia che il pubblico reagisce con molta attenzione, esce commentando...”.

Ovunque?
“Paradossalmente, la reazione più fredda l'abbiamo avuta dai siciliani, che non amano ancora Sciascia, che sembrano rifiutarlo, come se lui ricordasse loro troppe reticenze, omissioni”.
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