Anna Mazzamauro sabato sul palco del Teatro Nicola degli Angeli di Montelupone «La signorina Silvani non era bella, ma “atipica”»

Anna Mazzamauro
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Lunedì 26 Febbraio 2024, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 15:30

Tutti la conoscono come “Signorina Silvani”, probabilmente anche quelli che non hanno visto i film con Paolo Villaggio: Anna Mazzamauro sabato, 2 marzo, alle ore 21 arriva nelle Marche con il suo spettacolo “Come è ancora umano lei, caro Fantozzi”, per la produzione di Nicola Canonico. Sarà in scena al Teatro Nicola degli Angeli di Montelupone.

Anna Mazzamauro, come e perché nasce lo spettacolo?

«La signorina Silvani non era bella, ma “atipica”.

Ho pensato di sfruttare il suo fascino e ripercorrere la memoria di quell’avventura. Dopo che è uscito il primo film, è esploso il personaggio come un fuoco d’artificio. Con la signorina Silvani io aiuto a far riemergere alcuni ricordi, approfittando della genialità di Villaggio».

Come?

«Silvani sembra desiderare continuamente approcci, incontra un uomo e scopre che è gay con una meravigliosa canzone scritta per me da Belloni. É chiaro che dal “Stupida nana non sono io diverso ma gli altri troppo uguali”, si va oltre. Oppure Fantozzi, che nel film sapeva di avere una figlia brutta, la porta al concorso “Bimbi belli”. Affronto anche tanti altri temi insinuandomi dopo Fantozzi: lui è portatore sano dei problemi e di caratteristiche dell’uomo, come umiltà, generosità, vigliaccheria. Ecco io scavo dietro di lui, vado oltre».

Perchè il titolo “Com’è ancora umano lei, caro Fantozzi”?

«Non lo era solo ieri, lo è ancora umano perché lo diceva sempre lui. Caro perché è caro e Fantozzi perché è lui e c’è tutto il Fantozzi di allora».

Che rapporto aveva con Paolo Villaggio?

«Siamo stati grandi colleghi, dove con il grandi non intendo solo grandi perché c’era il personaggio. Non siamo mai stati amici, non sono mai amica con gli attori in scena. Io ero la Silvani e nel frattempo ho deciso di portarla alla riscossa. Questo ha fatto riemergere la voglia di essergli amica e di fare questo spettacolo. In scena c’è il pretesto della signorina Silvani e con me c’è Sasà Calabrese, uno straordinario musicista».

Qual è il suo ruolo?

«É come il mio “badante” di scena, se dimentico una battuta mi suggerisce, mi segue quando canto. Il canto qui è come uno strumento di scena, sul palco c’è anche una scrivania con le storie di Paolo che servono a fare da collante, quasi a dirigere. Forse dovrei dire che in scena siamo di più, io, Sasà, la signorina Silvani, Paolo/Fantozzi, sua moglie, la figlia, siamo in tanti, è come rivivere l’avventura».

Senza nostalgia però…

«Quella mai, guai ad averne!».

Quando è scoccata la scintilla per la recitazione?

«Sono nata così, mi sento miracolata come lo sono i bimbi che sanno quello che faranno da grandi e poi lo fanno. Sono nata così, poi dopo il liceo ho iniziato subito a lavorare, volevo masticare bene il palcoscenico».

Nuovi lavori?

«Ho appena finito di scrivere “Brava bravissima, anche meno”. E qui confermo che mi piace regalare emozioni. Far ridere con una barzelletta o una battuta sul sesso non fa per me. Ripeto voglio emozionare, facendo ridere, sorridere e anche con il dramma».

Lei è “annalogica” o digitale?

«Annalogica, io sono come sono, gli strumenti digitali sono ok, purché non disturbino. Non rimpiango i mezzi di un tempo, ma i social quelli sì, mi fanno paura, perché entrano nell’intimo della persona».

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