“Estasi”, il nuovo album di Giovanni Allevi. Il compositore ascolano: «Ho voluto dedicare questo lavoro alla donna guerriera»

Il compositore ascolano Giovanni Allevi (foto Buccolieri/Ufficio stampa)
Il compositore ascolano Giovanni Allevi (foto Buccolieri/Ufficio stampa)
di Andrea Maccarone
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Sabato 6 Novembre 2021, 16:31

ANCONA - Giovanni Allevi torna con un nuovo album. “Estasi”, questo il titolo emblematico del disco, è uscito ieri per la gioia degli amanti del new classic.

 
Perché un titolo così evocativo?
«La scelta di avvicinarmi all’estasi è stata causata da un piccolo incidente che ho avuto a Roma circa un anno fa. Dopo aver visto la statua del Bernini, l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, ho vissuto un episodio di sindrome di Stendhal. Sono svenuto, e mentre delle persone cercavano di farmi rialzare, io in preda a visioni celesti ho deciso che l’estasi sarebbe stata l’oggetto della mia ricerca musicale».


E dove l’ha condotto questa ricerca?
«In realtà mi sto chiedendo come mai la ricerca dell’estasi prenda sopravvento addirittura sulla ricerca della felicità. La felicità nasce nella vita quotidiana, nel momento in cui un nostro bisogno o desiderio viene soddisfatto. L’estasi è l’irruzione nel metafisico. È la rottura delle rigide maglie della quotidianità. Io credo che l’immaginario collettivo, dopo l’incubo della pandemia, sia pronto e predisposto ad accogliere l’estasi».


A livello musicale cosa è cambiato rispetto ai precedenti album?
«La ricerca musicale di Estasi è stata estenuante. Non una scrittura improvvisa, ma un continuo tormento e ripensamento. Ho voluto raccontare l’estasi in tutte le sue declinazioni. Ma ogni mondo che andavo a sondare mi lasciava insoddisfatto. Finché è arrivato l’ultimo brano che da il nome all’album. In questa musica mi sono accorto che stavo ripercorrendo psicologicamente le dinamiche che avevo provato davanti quella statua. Solo allora ho capito che il mio viaggio era concluso».


Che cosa significa per lei ricerca musicale?
«È un dovere del compositore.

Significa andare là dove nessuno ancora è andato. Avventurarsi in territori nuovi. E liberarsi verso orizzonti inesplorati. Per la ricerca vale la pena vivere».


E ha idea di dove la porterà questa ricerca?
«In questi ultimi anni il mondo accademico musicale, dopo gli episodi burrascosi, sta mostrando un grande interesse per la mia figura artistica. Dopo aver affrontato le avversità mi sembra di essere approdato in una fase eroica. Dunque è molto probabile che nel futuro vedrò la pubblicazione di opere complesse e sinfoniche. Ma adesso questo per me è il momento dell’intimità. Del contatto diretto, profondo, delicato e silenzioso con il cuore della gente attraverso un pianoforte».


Da dove è arrivata l’ispirazione per i brani di “Estasi”?
«La musica arriva alla mia mente senza un motivo. Nel caso di questo lavoro, però, ho fortemente voluto dedicare le mie note alla figura della donna guerriera che deve essere rivalutata nella società contemporanea. Un’altra dimensione totalmente inedita è la ricerca del mio lato diabolico che emerge nel brano “Lucifer”. Una composizione che sembra staccarsi da tutte le altre».


È appena uscito il suo libro dal titolo “Le regole del pianoforte”. Allevi anche scrittore?
«Come si evince dal titolo è un libro profondamente legato al mio strumento prediletto. Quando a Monaco di Baviera, appena prima della pandemia, ho fatto il mio ultimo concerto davanti ad un pubblico, ho avuto il timore che non avrei mai più vissuto la gioia di essere in teatro. Ho concepito allora l’idea di dedicare al pianoforte una lettera d’amore. O forse un testamento, dove attraverso 33 regole ho messo nero su bianco quanto per me c’è di più importante dopo aver attraversato oltre 30 anni di attività concertistica e compositiva».

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