Antonio Milo con Adriano Falivene al Concordia di San Benedetto con "Mettici la mano": «Sarà una giostra di emozioni»

Antonio Milo con Adriano Falivene al Concordia di San Benedetto con "Mettici la mano": «Sarà una giostra di emozioni»
Antonio Milo con Adriano Falivene al Concordia di San Benedetto con "Mettici la mano": «Sarà una giostra di emozioni»
di Elisabetta Marsigli
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Martedì 4 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12:15

Due dei protagonisti della saga Tv del Commissario Ricciardi nato dalla penna di Maurizio De Giovanni, saranno sul palco del teatro Concordia di San Benedetto del Tronto (ore 20.45) questa sera e domani, in “Mettici la mano”. Antonio Milo (il Brigadiere Maione) e Adriano Falivene (Bambinella) si ritrovano per caso dopo 10 anni, nella primavera del ’43, riparandosi, durante un bombardamento, in un rifugio improvvisato, in attesa del cessato allarme.

Con Milo/Maione c’è una giovane che il brigadiere ha appena arrestato, Melina, interpretata da Elisabetta Mirra, ed è inevitabile che i dialoghi tra i due, grazie alla sapiente penna di De Giovanni, si alternino tra ironia e grande umanità, come racconta lo stesso Milo. 
Uno spin off che affronta tanti temi importanti, dalla guerra alla diversità e all’abuso?
«La capacità di Maurizio è proprio quella di raccontare storie umane di straordinaria empatia. Storie che riescono a cogliere nel segno anche quando si svolgono in periodi in cui non ha vissuto. Persone del pubblico, che avevano affrontato i bombardamenti, ci hanno detto che era proprio così che si viveva. Lo spettacolo poi, è una vera giostra di emozioni, sia per noi attori che per il pubblico: fa riflettere, ma fa anche tanto divertire».


Il rapporto tra Maione e Bambinella è un sentimento genuino che De Giovanni ha trasmesso dalle pagine dei libri e che voi avete interpretato con incredibile empatia
«Sono quelle fortune che capitano ogni tanto, affinità elettive. La cosa bella è che per caso entrambi, durante una intervista insieme per la fiction, chiedemmo a Maurizio di scrivere qualcosa solo per noi due e appena arrivò a casa aveva già pronta la storia.

Mi sento anche un privilegiato, perché Maione, a detta dell’autore stesso, è un po’ il suo alter ego».


Affinità elettive sicuramente, bravura degli interpreti e quel tocco personale che vi rende così veri…
«Quasi un personaggio nato sotto pelle, con un lavoro di studio e costruzione, ma che una volta che attraversa il dentro dell’attore diventa suo. Fu Luca Zingretti ad avvicinarmi alla lettura di Ricciardi, in tempi non sospetti, e mi disse che c’era un personaggio che sembrava tagliato per me. Poi mi sono ritrovato sul set ed è stato come portare un bimbo al luna park, una favola che diventava realtà. Il nostro è un mestiere bellissimo che permette di fare salti di immaginazione e viaggi nel tempo. Quando mai capita di guidare un’auto degli anni ’30?».


Dalla fiction al teatro, cambia qualcosa per Maione e Bambinella?
«In linea di massima no, perché siamo delle “maschere” che hanno l’obbligo di rispettare dei canoni. Si percepisce solo quella sospensione del tempo che le persone vivono durante la guerra: non c’è un futuro e, sotto i bombardamenti, il cielo decide la tua sorte. Si vive alla giornata».
Due maschere, due facce della stessa medaglia di una Napoli che ricorda anche tanto Eduardo.
«Maione rappresenta la tradizione, il legame con la famiglia, l’accoglienza e la protezione. Bambinella è l’estro, la fantasia, il sacro che convive col profano. Penso che la generazione mia e di Maurizio abbia avuto la fortuna di crescere con dei punti di riferimento come Eduardo e Totò e ce li portiamo dentro. Un teatro che forse mancava e che dopo la pandemia abbiamo la responsabilità di donare al pubblico che noi accompagniamo “per mano” dentro questa storia».

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