Le tavole di Alessandrini per “L’Olandese di Ancona e lo stoccafisso”: «È la storia della mia città»

Giancarlo Alessandrini e una sua tavola
Giancarlo Alessandrini e una sua tavola
di Lucilla Niccolini
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Venerdì 29 Ottobre 2021, 10:46

ANCONA - Portano la firma di un artista anconetano, Giancarlo Alessandrini, il “padre grafico” di Martin Mystère, le tavole che illustrano il volume “L’Olandese d’Ancona e lo stoccafisso”, scritto da Alessandro Badaloni per l’Accademia dello stoccafisso all’anconitana, sulla scorta di una precedente indagine di Michele Polverari. Ai disegni originali, la Galleria Papini dedica una mostra che si inaugura oggi, alle 17,30, nello show room Vittoria Ribighini, in via della Catena 2, prima del taglio del nastro, alle 18, nella sede di via Bernabei 39.

 
Giancarlo Alessandrini, com’è nata questa collaborazione con l’Accademia dello stoccafisso?
«L’idea è stata di Fabio Manini, un mio amico di sempre, artefice, tra l’altro, della mostra di Sherlock Holmes, che si è tenuta l’estate scorsa a Senigallia. Quando l’Accademia gli ha chiesto un fumetto su Baldassare van der Goes, l’olandese che ha diffuso l’uso dello stoccafisso ad Ancona, ha subito pensato a me per la realizzazione delle tavole. Io avevo molto lavoro, ma non ho voluto lasciarmi sfuggire l’occasione di fare qualcosa sulla storia della mia Ancona».


È stata una bella esperienza?
«Bellissima, anche perché culmina con questa mostra. Ma non è stata propriamente una passeggiata: si trattava di passare in rassegna la documentazione iconografica su quel periodo, che mi ha procurato Fabio. Ci siamo sentiti ogni giorno, tra giugno e agosto, per concordare come trattare la storia, attraverso la città, dal podere di van der Goes, al Passetto, fino al porto.

Allora la valle della Pannocchiara era terreno agricolo, e il porto, a parte l’Arco di Traiano, era assai diverso: tante chiese, che poi sono state distrutte dai bombardamenti dell’ultima guerra. Mi hanno aiutato immagini d’epoca. E mi è venuta l’idea di immaginare un teatro davanti al mare, inventato di sana pianta».


Mica tanto: pare che un tempo ci fosse davvero un teatro al porto. E per disegnare i personaggi come ha proceduto?
«Sono partito dal ritratto, a figura intera, di van der Goes, conservato nel Museo di Baltimora. Altri personaggi li ho creati ex novo, come il losco figuro che segue costantemente il commerciante olandese, perché pensa che nasconda un tesoro in monete d’oro, cui ho dato le fattezze di Fabio Manini. E poi, per fare solo un esempio, un’ostessa del porto, nella quale mi è sembrato naturale raffigurare Cassandra Mengarelli, un’attiva socia dell’Accademia, figlia di un ristoratore molto noto della stazione».


Un lavoro divertente. Quasi un gioco?
«Molto, anche se è stato impegnativo, non proprio come disegnare i cowboy per la Bonelli. Però, per fortuna, mi ero già cimentato con fumetti d’epoca, quando ho disegnato un album dedicato a Vivaldi».


E di suo, cosa a messo nell’opera?
«Lo stile. Linee chiare, profili semplici, che poi, per il libro, sono stati colorati dallo jesino Fabrizio Pasini, molto bravo». 


E in mostra cosa vedremo?
«Le undici tavole originali a china, in bianco/nero. E tre, quattro ingrandimenti delle strisce che Manini ha completato con i suoi fumetti. Sono molto felice di questa esposizione, che mi permette di tornare ad Ancona, dopo tanto tempo, e ritrovare gli amici di sempre».

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