Lucia Mascino domani a Macerata
nei panni della scienziata Rosalind

L'attrice anconetana Lucia Mascino
L'attrice anconetana Lucia Mascino
di Lucilla Niccolini
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Lunedì 26 Marzo 2018, 19:13
ANCONA - Un’eroina misconosciuta dei tempi moderni, la scienziata che per prima con i raggi X ha fissato l’immagine della forma a elica del Dna, finalmente racconta la sua storia al pubblico. Succede a teatro, con “Rosalind Franklin. Il segreto della vita”, al Lauro Rossi di Macerata stasera e domani. L’attrice anconetana Lucia Mascino presta il viso ingenuo e lo sguardo volitivo a Rosalind.

La scienziata è stata definita dal collega James Watson “terribile e bisbetica”. Com’è la Rosalind che in questo dramma ci presenta l’autrice, Anna Ziegler?
«Rosalind è stata una delle migliori cristallografe del suo tempo, una scienziata straordinaria, guidata da grande intuito e da rigore costante. Voleva dimostrare le cose, invece di pubblicarle o parlarne in pubblico quando ancora non fossero certe, come facevano gli altri per ottenere finanziamenti. Fuori da ogni logica di competizione, sapeva difendere il suo spazio, a quei tempi continuamente minacciato, in quanto era ebrea e donna. In una lettera al padre scrive: “la fede sta nella convinzione che facendo del nostro meglio ci avvicineremo di più all’obiettivo... Un bene degno di essere perseguito”. Vi ha dedicato tutta la vita, scoprendo il Dna senza che le venisse mai riconosciuto».

Filippo Dini, che oltre a interpretare il dramma ne è regista, si è mantenuto fedele alla immagine che ne ha dato l’autrice?
«Il testo di Annie Zigler era già stato portato in scena da altre compagnie in Europa prima di noi: la versione più famosa aveva Nicole Kidman come protagonista. Filippo Dini ha saputo dare al testo una regia elegante e davvero emozionante».

È questo un testo “femminista”, secondo lei?
«Non credo sia femminista a priori, ma certo è un testo che mette al centro dell’attenzione una donna e le restituisce, 65 anni dopo l’accaduto, i meriti che le erano stati negati per tanto tempo. Autrice di una scoperta scientifica tra le più importanti, Rosalind Franklin è rimasta assente da tutti i libri di testo. La sua biografia non si trova in nessuna libreria mentre Watson e Crick hanno vinto il Nobel nel ‘62, per aver pubblicato un articolo sulla scoperta della struttura del Dna, proprio grazie alle ricerche di Rosalind. Ma lei era già morta, a causa dell’eccessiva esposizione ai raggi X. Un vero furto scientifico, che lo spettacolo riporta alla luce».

Cosa ha dato di sé al personaggio?
«Quello che io prendo dal personaggio è più di quanto le attribuisca: Rosalind mi ricorda l’importanza di difendere il valore di ciò che siamo e che facciamo. È un personaggio che sera dopo sera mi regala qualcosa, mi riaccende».

Ha preso in prestito qualcosa della sua esperienza, della sua vita per rapportarsi ai colleghi di Rosy con lei in scena?
«Ricordarmi che non c’è niente di scontato, che ogni piccolo passo, ogni conquista è frutto di un lungo percorso».

Che emozioni le ha trasmesso interpretare questa donna?
«L’emozione più grande è quella di ridare voce alla sua storia e di poter vestire i panni di una donna reale, che credeva veramente in ciò che faceva, al di là dei risultati riconosciuti».

Qual è il momento per lei più emozionante della pièce?
«Il secondo atto è pieno di passaggi toccanti. Verso il finale ci sono momenti a cui sono molto legata. Dopo un primo atto più razionale e freddo, siamo indotti a fare un piccolo salto davanti al pubblico: dobbiamo lasciarci andare, aprirci, sentire fortemente, donarci. È uno spettacolo che parte con un’impostazione volutamente distaccata, per poi coinvolgere profondamente lo spettatore».
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