Donatella Finocchiaro porta il capolavoro di Verga nei teatri di Porto Sant’Elpidio e Jesi

Donatella Finocchiaro porta "La Lupa" nei teatri di Porto Sant'Elpidio e Jesi
Donatella Finocchiaro porta "La Lupa" nei teatri di Porto Sant'Elpidio e Jesi
di Chiara Morini
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Domenica 10 Marzo 2024, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 11:59

Il capolavoro di Giovanni Verga, “La Lupa”, sarà portato in scena da Donatella Finocchiaro. L’attrice siciliana, che qui cura anche la regia, insieme ad altri attori sarà al teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio alle 21,15 di martedì 12 marzo e alle 21 di mercoledì 13 marzo al Pergolesi di Jesi per le stagioni dei Comuni e Amat.

Donatella Finocchiaro, chi è la Lupa?

«È la protagonista di uno spettacolo che parla a tutte le donne, di oggi e di ieri. Oggi la femminilità è vissuta in maniera diversa rispetto a prima, con una diversità di punti di vista sulla donna: da un lato la visione arcaica della donna dell’800 dall’altra quella di oggi più disinvolta».

Come ha curato la messa in scena?

«L’ho ambientata negli anni ‘50, mi piace quel periodo. Luana Rondinelli ha riscritto la storia della novella di Verga, aggiungendo anche alcune scene, secondo le mie indicazioni, io chiedevo e lei metteva in testo. È per esempio il caso delle prefiche che si levano e fanno un baccanale, con il monologo di una di loro inneggiando alla libertà sessuale. Ecco questa scena non c’era come quella iniziale che noi abbiamo cambiato rappresentando una Lupa pentita, che si libera dalla corda. Noi parliamo di femminilità, ma anche di rapporto uomo-donna, ho voluto un rapporto alla pari, che si basa sull’amore. Poi anche il femminicidio che avviene perché l’uomo non regge la frustrazione del rifiuto. A teatro bisogna parlarne».

Parlarne a teatro va bene, ma cosa ritiene che manchi per un’efficace lotta ai femminicidi?

«Manca un’educazione sentimentale in famiglia, io non concepisco proprio che un uomo possa uccidere una donna così, senza che la famiglia si accorga che c’è qualcosa che non va.

Il problema è anche all’interno della casa che non vede o finisce per nascondere».

Lei Donatella come si pone di fronte a questo personaggio?

«Io sento di avere contezza del mio modo di essere donna. Tuttavia la stabilità sentimentale non è facile da avere, così come non lo è capire le relazioni e gli equilibri tra uomo e donna, è difficile capirlo a tutte le età».

Quando ha capito che la recitazione sarebbe stata la sua strada?

«A 25 anni ho seguito un laboratorio di recitazione, poi sono arrivati il teatro e il cinema ad alimentare quello che sì è un lavoro, ma prima di tutto anche una passione, quasi una malattia. Studiavo, mi sono laureata, ma a quel punto non restava che fare quello che faccio e così ho messo da parte la laurea in legge».

Se non fosse stata attrice, sarebbe stata un avvocato quindi?

«Sì, credo di sì».
Le donne riescono ad avere successo a teatro?

«Le rispondo citando il caso delle registe. Di registe al teatro iniziano ad esserci, ma al cinema sono molto meno. Quando siamo andate a Venezia, per il festival, a presentare il film “Le sorelle Macaluso” per la regia di Emma Dante, c’erano, compresa Dante, tre registe donne. È stato come una festa, ma questo è un paradosso per un paese come l’Italia».

A Porto Sant’Elpidio c’è l’appuntamento con “Scuola di platea”: cosa dirà agli studenti?

«Vedremo vis a vis. Lo spettacolo offre molti spunti psicologici, parleremo di uomo, donna e del relativo rapporto; anche, ovviamente, di femminilità».

Chiara Morini

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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