URBINO - Infiamma la politica l’addio del senologo Cesare Magalotti all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Urbino dove è responsabile dell’unità operativa complessa di Senologia, per restare solo al Santa Croce di Fano.
«Nessuno depotenzierà la breast unit di Urbino – sottolinea l’assessora alla sanità Elisabetta Foschi -. Ho avuto modo di parlare in Regione della questione e nessuno vuole penalizzare Urbino. Lo stesso presidente della commissione sanità Nicola Baiocchi si è fatto carico della questione ed è immediatamente intervenuto. Prestare attenzione è importante, creare allarmismi meno. È bene puntualizzare – insiste Foschi - che in base alla programmazione regionale vigente le breast unit di senologia nella nostra provincia sono ubicate nella struttura di Fano e nell’ospedale di Urbino. Nulla è cambiato in questo senso. Ciò che è mutato è il modello organizzativo aziendale e di conseguenza lo status dei dipendenti e degli operatori».
La tempistica
Una soluzione in tempi brevi? «La breast unit di Urbino è un'eccellenza riconosciuta e supportata da dati positivi sulla mobilità attiva. Gli ottimi risultati sono dovuti alle straordinarie qualità e competenze di tutta l’equipe multidisciplinare capace di prendersi in carico la paziente dalla prima diagnosi fino alla guarigione. Ovviamente – conclude Foschi - l’intervento chirurgico rappresenta una parte essenziale del percorso. Un settore così eccellente che dà risposte più che soddisfacenti deve essere indubbiamente mantenuto».
Le reazioni
Dichiarano il capogruppo Giorgio Londei e il consigliere Federico Cangini di Urbino e il Montefeltro: «Sappiamo tutti della grande professionalità e umanità del dottor Cesare Magalotti che non possiamo e non vogliamo perdere. È una colonna del nostro ospedale e deve continuare a esserlo.
Il colpo
«La notizia che il dottor Magalotti potrebbe lasciare l’ospedale Santa Maria della Misericordia – dichiara la consigliera regionale Micaela Vitri – rappresenta un colpo gravissimo per l’entroterra e in particolare per le donne. Una scelta che non deve essere strumentalizzata dalla politica perché la responsabilità, ovviamente, non è di questo grande professionista. Le Ast si sono costituite da neanche tre mesi e la giunta Acquaroli inizia a fare i conti con il fallimento della propria organizzazione sanitaria. Era evidente che con l’Azienda sanitaria territoriale, tra le tante cose, sarebbero cambiate anche le condizioni contrattuali. E’ grave che a farne le spese, oggi, sia l’ospedale di Urbino e quindi la comunità dell’entroterra. Sono molto preoccupata».