Ha una condanna fino al 2036, a processo per avere aggredito un detenuto in carcere. Ma la lametta non si trova, assolto

Ha una condanna fino al 2036, a processo per avere aggredito un detenuto in carcere. Ma la lametta non si trova, assolto
Ha una condanna fino al 2036, a processo per avere aggredito un detenuto in carcere. Ma la lametta non si trova, assolto
di Luigi Benelli
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Venerdì 14 Luglio 2023, 05:15 - Ultimo aggiornamento: 12:59

URBINO  - Un personaggio dal profilo criminale conosciuto a livello nazionale.  Ben Mohamed Ayaru Borhane potrebbe essere un nome qualunque, ma la sua fama lo precede. Nel 2018 fu protagonista di una rocambolesca evasione dal Carcere di Opera di Milano, fu ricercato per giorni fino all’arresto a Palermo, beccato in aeroporto con un passaporto falso e pronto ad andarsene. L’uomo era considerato al “livello 1” del rischio di radicalizzazione in quanto si era autoproclamato imam e si presume facesse proselitismi in carcere. 


Ad oggi ha una condanna con fine pena 2036.

Fu arrestato perché considerato colui che gestiva il traffico di droga in Emilia Romagna e fu intercettato all’alba di uno scontro a fuoco con un’altra banda.

Nel covo fucili e armi a volontà. Nelle sue peregrinazioni nelle carceri italiane era capitato anche a Pesaro per poter partecipare a un processo a suo carico a Urbino, ma gli bastò una notte, quella del 12 dicembre 2019, per combinarne delle altre. Finse un malore e chiese l’intervento di un agente della Polizia Penitenziaria. Ma qui iniziò il suo show. Ruppe il lavandino, il water, il tavolino e sfondò il vetro della finestra. Prese un pezzo di ceramica appuntita del lavandino appena rotto e ferì un agente che fu costretto a chiamare i rinforzi per calmarlo.

L’altro giorno era a processo a Urbino perché quando era nel carcere di Fossombrone è accusato di aver minacciato un altro detenuto islamico e di averlo tagliato con una lametta. Non pago gli avrebbe scaraventato dell’olio bollente nella cella, senza colpirlo. A processo a Urbino per lesioni è arrivato con una scorta di otto agenti di polizia penitenziaria, il suo avvocato Salvatore Asole ha sottolineato la mancanza di prove a suo carico e che la lametta non fu mai ritrovata. Il giudice lo ha assolto. 

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