Fano, ultimo saluto Gianni Gentili. In chiesa testimonianze toccanti

Il funerale a San Paterniano di Gianni Gentili
Il funerale a San Paterniano di Gianni Gentili
di Massimo Foghetti
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Giovedì 10 Dicembre 2020, 02:20

FANO - Non c’erano sciarpe, striscioni, bandiere a salutare Gianni Gentili, nel momento in cui la città ha reso l’ultimo saluto al presidentissimo del Fano Calcio, ma è giusto che fosse così: il tifo da stadio è giusto che rimanga nello stadio e ieri la squadra granata era impegnata in un nuovo incontro infrasettimanale al Mancini contro il Legnago, senza dimenticare un patron che l’ha reso famoso.

Un minuto di silenzio
Come è avvenuto a Pesaro domenica scorsa nella partita contro la Vis, anche allo stadio Mancini, ieri, si è svolto un minuto di silenzio, mentre nello stesso istante il feretro di Gianni Gentili (morto a 82 anni) entrava nella chiesa di San Paterniano. Qui silenzio e commozione l’hanno accolto. Sulla bara è stato steso un cuscino di rose bianco rosse, quasi a simboleggiare i colori delle due società che Gentili aveva presieduto. Nei primi banchi: i figli, i nipoti, i parenti, seguiti dagli amici e da chi l’Alma l’ha avuta sempre nel cuore e non ha dimenticato i tempi d’oro.

Ma padre Dino Mascioni che ha celebrato il rito funebre ha preferito mettere in risalto i valori morali dell’uomo e della sua famiglia, a partire da un significativo episodio accaduto durante l’ultima guerra, quando a soli 3 anni il piccolo Gianni fu colpito in una gamba da una scheggia di una bomba. Per i medici non ci sarebbe stata altra soluzione che amputare l’arto, ma il padre replicando «O vivo con due gambe o morto con una gamba sola!» si oppose, ottenendo che il figlio, a parte una vistosa cicatrice, salvasse la sua integrità fisica. Una determinazione che contraddistinse con una volontà ferrea anche l’esistenza di Gianni, definito “un vero combattente”. «Di uomini così – ha concluso il celebrante – la nostra società ne avrebbe bisogno!».

L'affetto della gloriosa Alma
Un’altra commossa testimonianza è stata resa da Giacomo Vagnini che da conducente di autobus aveva intrapreso una confidenziale amicizia con il presidente del Fano Calcio. Vagnini, infatti, era colui che conduceva il mezzo con il quale la squadra si recava nelle località in cui giocava in trasferta. Un rapporto basato sulla stima e reciproco rispetto, del quale, proprio nel momento della mancanza si avverte maggiormente il valore. Un brevissimo intervento lo ha fatto anche il dottor Manlio Pierboni, medico del Fano Calcio che nelle sue poche parole ha concentrato tutta la commozione per la perdita dell’amico. Barbaresi e Servadio, i due giocatori della grande Alma, hanno rappresentato infine l’affetto dei campioni di allora.

Al termine, ancor più commovente è stato il saluto della moglie Maria Teresa che per ragioni di salute non potendo venire in chiesa si è affacciata alla finestra della casa di fronte.

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