Obbligo di vaccino, chirurgo scrive a Draghi: «Così hanno ucciso l’etica di una categoria»

Il chirurgo Emanuele Caproli, maceratese in servizio come dirigente medico all'ospedale di Urbino
Il chirurgo Emanuele Caproli, maceratese in servizio come dirigente medico all'ospedale di Urbino
di Gianluca Murgia
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Venerdì 2 Aprile 2021, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 18:45

URBINO - Una Pec inascoltata, lunga quasi sette pagine, dal titolo chiaro: “Obbligo vaccinale anti-covid per il personale medico: alcune obiezioni”. L’ha scritta il dottor Emanuele Caproli, dirigente medico di primo livello nell’Unità Operativa di Chirurgia dell’Ospedale di Urbino, iscritto all’ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Macerata. L’ha indirizzata al premier Draghi, al ministro Speranza, al sottosegretario Sileri, al presidente del Consiglio Superiore della Sanità Locatelli e, infine, e al presidente della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri Anelli.

Chiariamo: il dottor Caproli non è un no-vax e crede in quella scienza che per la prima volta «non viene considerata». Per questo come professionista ha espresso «riflessioni, dubbi e motivazioni» (citando 27 pubblicazioni internazionali sul tema) che lo hanno spinto ad essere «contrario all’obbligo vaccinale per la categoria medica come “soluzione” a favore della tutela della salute del paziente che giunga a contatto con un medico non vaccinato».

«In base alle idee maturate leggendo dei recenti lavori - scrive - il nuovo vaccino ad mRNA costituisce una protezione verso la forma grave di Covid per il soggetto stesso che si sottopone alla vaccinazione ma non sembrerebbe rappresentare un sicuro strumento di prevenzione del contagio verso un soggetto non vaccinati». Riflessioni «cercando di tenere sempre a mente la sicurezza del paziente» ma anche perché «l’imposizione di un obbligo vaccinale per i medici potrebbe non centrare il nodo della questione; sono infatti convinto che i medici nello svolgimento del proprio lavoro non rappresentino la causa della diffusione del virus e non debbano pertanto essere presentati all’opinione pubblica come “untori” promotori della pandemia». Caproli scrive: «Niente può essere imposto che non sia dimostrato, provato e documentato» con una riflessione su «l’incertezza circa la possibilità di raggiungere un’effettiva immunità di gregge». Caproli ricorda i protocolli di sicurezza attuati nei vari ospedali, compresi i periodici screenig sul personale. 
«Per tale motivo non può avere senso un “obbligo vaccinale” basato sulla teoria del medico causa di rischio per la salute del paziente. Insistendo sulla sicurezza per la salute del paziente che deriverebbe dalla vaccinazione del medico, pur non esistendo uno studio che confermi (o che escluda) la trasmissione del nuovo coronavirus da parte di soggetti vaccinati a non vaccinati, si potrebbe far riferimento ad un lavoro del mese scorso pubblicato sulla rivista Otolaryngology – Head and Neck Surgery dove si ipotizza che i vaccini contro le infezioni delle vie respiratorie conferiscano una protezione limitata nei confronti dell’eliminazione aerea delle particelle virali, dal momento che una protezione efficace implica il coinvolgimento delle immunoglobuline secretorie (IgA) a livello della mucosa e non delle IgG circolanti». Tali studi preclinici «hanno dimostrato la persistenza del virus nei tamponi di soggetti vaccinati con vaccini ad mRNA, suggerendo che i vaccinati, benché asintomatici, possano ancora essere infetti e trasmettere il virus... Se questo riscontro dovesse trovare conferme sarebbe allora complicato perseguire una “immunità di gregge”classicamente intesa. Il vantaggio della vaccinazione si rifletterebbe esclusivamente a livello del singolo che si sottopone a vaccinazione». 

Caproli poi cita il dibattito legittimo sulla sicurezza del vaccino mRNA che non si limita solo ai recenti problemi, a partire dalla trombosi, ma sulla mancanza di «dati clinici sufficienti sulla reale possibilità di un’esacerbazione della malattia dipendente dalla risposta anticorpale per soggetti con pregressa infezione né studi clinici che escludano il rischio di sviluppare patologie future correlabili».

Per questo un «obbligo vaccinale accentuerebbe le importanti problematiche di natura etica ad esso correlate». Si ricorda anche un rapporto del 2017 della National Accademy of Sciences, dove «si ribadisce che “anche in circostanze di emergenza i requisiti etici sostanziali che governano la ricerca con gli esseri umani non cambiano”. La situazione di emergenza può aumentare il rischio che l’etica della ricerca venga svalutata». Per questo «non è possibile non esprimere dubbi» su «una vaccinazione obbligatoria per il medico che si ponga delle domande».

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