PESARO - La fiducia, l’assegno postdatato e i conti svuotati. Sfilano i testi a processo per il Crac Eurodistribuzione. Fornitori che chiedono di riavere quanto consegnato e che hanno spiegato il modus operandi. Il caso è quello di Dante Mannolo, 54 anni, che a Borgo Santa Maria aveva aperto la ditta e girava in Maserati, ma aveva anche lasciato un buco da mezzo milione. Di fatto, secondo la tesi degli inquirenti, non pagava i fornitori. Sarebbe figlio di un presunto capobastone di una cosca della ’Ndrangheta calabrese.
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Oggi Mannolo è diventato collaboratore di giustizia e, con rito abbreviato, è stato condannato per questo caso a 5 anni. Ma davanti al collegio di Pesaro, ci sono altri 4 imputati, coinvolti nel caso con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla bancarotta fraudolenta e documentale. Eurodistribuzione srl, società di commercializzazione di prodotti alimentari, in particolare caffè, era stata aperta a Pesaro nel 2015, intestata ad una giovane prestanome sempre calabrese di 27 anni. Mannolo per la procura era il socio occulto che dopo i primi acquisti e pagamenti andati a buon fine, faceva acquistare la merce facendola sparire verso la Calabria ma senza più pagare il fornitore.
E’ stato anche dato l’incarico di trascrivere le intercettazioni. Gli imputati sono la giovane prestanome 27enne, un 55enne detto “Gino”, poi un 52enne e 47enne tutti di Catanzaro. Secondo il capo di imputazione Mannolo detto “Paolo” era il “promotore e organizzatore, socio occulto” che assieme a “Gino” coordinavano e dirigevano “l’associazione”.
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