Pierferdinando Casini a Pesaro: «Dopo Rossini avete avuto Forlani, lui il marchigiano più importante. La presidenza della Repubblica? Non volle riconoscere l'Msi di Fini»

Pierferdinando Casini a Pesaro
Pierferdinando Casini a Pesaro
di Thomas Delbianco
4 Minuti di Lettura
Martedì 5 Settembre 2023, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 07:32

PESARO «Forlani il politico più importante nella storia politica delle Marche, non ha mai dimenticato la sua Pesaro». Così il senatore Pierferdinando Casini e il sindaco Matteo Ricci hanno voluto ricordare la figura di Arnaldo Forlani scomparso il 6 luglio a 97 anni. Ieri pomeriggio nella sala della Repubblica del Teatro Rossini, si è tenuto un consiglio comunale monotematico in sua memoria. Il presidente del consiglio comunale Marco Perugini ha ricordato che la sede della cerimonia ha un valore simbolico, in quanto «Forlani nel 1980 aveva inaugurato il Teatro Rossini». Presente in sala il figlio Alessandro, amici pesaresi e non solo, esponenti della società civile, politica, dell’associazionismo, del mondo della cultura. A seguire, la messa in duomo in ricordo dell’ex segretario Dc.

 


La seduta solenne


«Non ho avuto la fortuna di conoscere di persona Forlani, l’ho conosciuto attraverso le letture, i giornali, la tv - ha detto il sindaco Ricci - ho conosciuto la statura di un grande leader politico. È stato un uomo potente, il politico più importante che la nostra città abbia mai avuto, il più importante nella storia delle Marche. Non ha mai dimenticato Pesaro: penso al Teatro Rossini, alla Fano-Grosseto, al nostro entroterra. Pur con un profilo nazionale, di un vero statista politico, ha mantenuto il legame con il nostro territorio. Questo non era un luogo di maggioranza democristiana, è sempre stato in minoranza, eppure partendo da consigliere comunale di opposizione è diventata una delle persone più importanti della politica italiana per 30 anni».

Il senatore Casini ha iniziato il suo intervento con un’osservazione temporale: «Siamo nel 2023, Forlani ha chiuso la sua vita politica 30 anni fa. Ha proseguito il suo cammino di vita, ma la sua figura pubblica è uscita dai radar. Il fatto che ci sia questo approfondimento di giudizio, è la dimostrazione di tante cose.

Un Paese vive sulla condivisione della memoria. I Paesi che rimuovono la memoria sono destinati a non avere radici. Noi dobbiamo imparare a condividere la memoria. Questo vale anche per i fatti che hanno determinato la nostra vita. Dopo Rossini, in termini di fama e popolarità, il più importante marchigiano è stato Forlani. Era un politico di quelli che crescevano in provincia, avevano l’umiltà di imparare. La sua passione lo ha portato ad assumere funzioni sempre più rilevanti, fino ad essere protagonista di una stagione irripetibile, quella della Dc. Oggi non c’è più formazione politica, non ci sono più le scuole di formazione - continua - Gli alleati li ha sempre ricercati, mai è stato sfiorato dall’idea di andare altrove, o di proseguire il suo impegno sotto una bandiera che non fosse quella dello scudocrociato. È sempre stato amato e rispettato da tanti avversari. Cosa ho imparato io da Forlani? Ho imparato che bisogna imparare a non prenderci troppo sul serio, ad avere quel senso di autoironia contro il frenetismo che caratterizza i politici, a cui lui era del tutto alieno. E’ stato definito coniglio mannaro, tigre che dorme, ma chi lo ha conosciuto sa bene che era brillante, ironico e autoironico in privato, sempre pronto alla battuta con il suo accento marchigiano inconfondibile. Era abituato a ragionare, ma era anche capace di graffiare quando era il caso. Discuteva, attento alle ragioni degli altri, anche nella durezza di contrasti, ma piantava paletti. Su ragioni e valori importanti era inflessibile». 


L’aneddoto


E Casini racconta un aneddoto che ha legato lui, Forlani, e Gianfranco Fini. Quest’ultimo «mi chiese di andare da Forlani per avere un riconoscimento formale del Movimento Sociale, in cambio avrebbero votato compatti per lui per la presidenza della Repubblica. Erano le 15, alle 16 mi presento da Forlani: non mi fece finire la frase. Lui mi disse che il riconoscimento politico non glielo avrebbe mai dato. Non diventò presidente della Repubblica per 20 voti. Lui era inflessibile sui principi. Uno stile rigoroso, avverso a qualsiasi forma di personalismo e aveva un atteggiamento profondamente rispettoso verso la causa pubblica. Il lutto nazionale e i funerali di Stato restituiscono a Forlani gran parte di quello che lui ha dato al Paese». 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA