Fano, minacce per il preside Samuele Giombi e la sua famiglia: «Ho denunciato ma hanno archiviato». Scatta la protezione

Intimidazioni sui social. Sfogo del dirigente del Nolfi: impossibile identificare l’autore

Minacce per il preside Giombi e la sua famiglia
Minacce per il preside Giombi e la sua famiglia
di Osvaldo Scatassi
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Martedì 12 Marzo 2024, 02:10 - Ultimo aggiornamento: 15:15
FANO Mesi fa ha iniziato a ricevere minacce su un social e da quel momento in poi la vita di Samuele Giombi, il preside del liceo Nolfi, è stata ancora ferita da anonimi comportamenti persecutori. Tanto che per qualche tempo sia lui sia i suoi cari sono stati sottoposti a «una pur discreta protezione».  


Sottoposto a protezione


Questa forma di aggressione subdola è però proseguita nel tempo, infruttuose finora le denunce sporte per arrivare ai responsabili, e così il dirigente scolastico ha deciso di rendere pubblica una situazione che, scrive, «reca sofferenza a me e alla mia famiglia». Giombi ha pubblicato un post sul profilo Facebook personale, un messaggio da cui traspare l’indignazione di un cittadino messo «di fronte a simile impotenza della legge o assenza della legge. Questa volta però non intendo accettarlo e andrò fino in fondo in modo rigorosissimo». Sono cominciate a fioccare attestazioni di solidarietà e vicinanza, a decine e decine, da parte di amici, colleghi, semplici cittadini, esponenti della politica locale, dell’associazionismo, del mondo della cultura. Un susseguirsi di abbracci virtuali e di commenti esterrefatti: «Inaccettabile». «Assurdo». «Intollerabile». Alcuni si soffermano sulle carenze della legge: «Norme inadeguate e garantiste nel senso sbagliato». Altri privilegiano invece l’aspetto umano della vicenda: «So che non te lo meriti». Oppure: «Incredibile. A te? Una delle persone migliori che conosca». Il messaggio Facebook di Giombi è il racconto di comportamenti persecutori e sempre più invasivi della vita privata, prima, e sociale poi.


Nel mirino da alcuni mesi


«Mesi fa - scrive il dirigente scolastico - ho iniziato a ricevere minacce (dagli accenti molto forti) attraverso il canale Telegram nei confronti miei e dei miei familiari.

Ho dovuto chiudere il mio account Telegram e ho sporto due denunce; la mia persona e la mia famiglia per qualche tempo sono state oggetto di pur discreta protezione. Tuttavia, le autorità competenti non hanno ancora ottenuto da Telegram l’accesso ai dati del mittente, per la sua identificazione, e la Procura mi ha quindi informato della temporanea archiviazione». Nel frattempo, però, lo stalkeraggio è andato avanti attraverso altri canali: «Due giorni fa (per chi legge: mercoledì scorso) le minacce si sono trasformate in calunnie. Infatti ho ricevuto, questa volta via mail all’indirizzo del mio ufficio e mio personale, una serie di diffamanti calunnie da un mittente criptato riconducibile al medesimo autore delle precedenti minacce. Ho sporto ancora denuncia, spero con un esito diverso dal passato. Apprendo che oggi (per chi legge: venerdì scorso) la medesima mail calunniosa nei miei confronti è stata inviata ad altri destinatari, dunque con ulteriore aggravio ai miei danni». 


L’impotenza della legge


La conclusione è una domanda che esige risposte nette: «Ma è accettabile che si debbano ricevere minacce o diffamazioni calunniose dietro lo scudo di mittenti impenetrabili, senza che secondo legge sia possibile impedirlo e individuare gli autori?». 
 

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