Sconti di pena e permessi agli aguzzini di Melania e Lucia: è giusto così?

Dopo la scarcerazione anticipata dell’albanese dell’acido ecco il permesso premio a Parolisi, che fa uno show in Tv

Sconti di pena e permessi agli aguzzini di Melania e Lucia: è giusto così?
Sconti di pena e permessi agli aguzzini di Melania e Lucia: è giusto così?
di Lorenzo Sconocchini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 7 Luglio 2023, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 16:54

ANCONA - Rubin ha gettato l’acido in faccia a una giovane avvocatessa, sfregiandola per sempre, pagato dall’ex fidanzato di lei per l’atroce vendetta di un macho alfa che non sa rassegnarsi alla fine di un amore. Salvatore ha massacrato la moglie con 36 coltellate, lasciandola poi morente in un bosco, perché gli mancava il coraggio di dire alla giovane amante che non avrebbe trascorso con lei le vacanze di Pasqua.

Leggi --> Pesaro, sfregiarono Lucia Annibali su mandato dell'ex: uno degli aggressori è già libero in Albania. Ecco perché

Leggi --> Salvatore Parolisi, la rabbia del fratello di Melania Rea: «Lui esce in permesso premio, ma la vita di una mamma quanto vale?»


Rimpatriato


Adesso Rubin Talaban è libero in Albania, scarcerato con due anni d’anticipo e rimpatriato, grazie ai meccanismi della legge Bossi-Fini sull’espiazione della pena degli immigrati. E Salvatore Parolisi esce dal carcere per un permesso premio e, anziché ringraziare il cielo stando in silenzio, non ha vergogna di abbandonarsi a uno show televisivo in cui continua a professarsi innocente - contro ogni evidenza di un processo che l’ha condannato per omicidio a 20 anni con sentenza definitiva - e a dire che se tradiva Melania in fondo era colpa di quella sventurata, che non era abbastanza premurosa con lui.
Cose purtroppo di questo mondo, dove al tempo del codice rosso e dell’allarme per i femminicidi, ancora si incrociano, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, parabole processuali come quella dell’albanese che il 16 aprile di dieci anni fa a Pesaro sfigurò al volto Lucia Annibali con un complice (per spartirsi i 30mila euro pagati dal mandante Luca Varani) e del caporalmaggiore dell’Esercito che il 18 aprile 2011 assassinò la moglie Melania in una pineta a Ripe di Civitella, nel Teramano.


La lettera a Lucia


La scarcerazione anticipata dell’albanese Talaban (condannato per tentato omicidio e lesioni gravissime a 12 anni) è stata accolta con fair play dalla stessa vittima. «Così prevede la legge, non ho paura di lui», ha dichiarato a caldo l’ex parlamentare Lucia Annibali, sostenuta in questo stato d’animo anche dal fatto che già da tempo Talaban aveva invocato il suo perdono, con una lunga lettera in cui sembrava sinceramente pentito. «Perdona il mio gesto indegno e brutale e perdona me che lo fatto - scrisse all’avvocatessa che con il complice aveva atteso sul pianerottolo di casa per lanciarle l’acido sul viso -. Vorrei abbracciarti e stringere le tue mani con le mie».
Il bluff della scomparsa
Al contrario stanno suscitano rabbia e indignazione, soprattutto tra i familiari di Carmela Rea, che tutti conosciamo come Melania da quando l’ex marito ne denunciò con un bluff la scomparsa dal Colle San Marco sopra Ascoli Piceno, le parole e i toni usati da Salvatore Parolisi, intercettato da una troupe di “Chi l’ha visto?” all’uscita dal carcere di Bollate per un permesso premio. Si è addirittura lamentato del troppo tempo trascorso in carcere prima di ottenere una “libera uscita” dal Tribunale di sorveglianza («me l’hanno fatta pagare fino all’ultimo, 12 ore di permesso di m... mi hanno dato») non pago di un iter processuale davvero fortunato, che prima gli ha consentito di accedere agli sconti del rito abbreviato (oggi non sarebbe più possibile, essendo l’abbreviato escluso per i reati punibili con l’ergastolo come l’omicidio volontario aggravato) e poi in Cassazione gli ha risparmiato addirittura l’aggravante della crudeltà. Gli ermellini infatti, riesaminando la sua condanna a 30 anni, ritennero eccessiva la pena inflitta dalla Corte d’assise d’appello dell’Aquila, che già aveva ridimensionato l’ergastolo inflitto in primo grado. Motivo? Non bastano 36 coltellate per provare l’aggravante della crudeltà. «La mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta» tale da rientrare nella fattispecie dell’aggravante prevista dal codice, si legge nelle motivazioni con cui la Suprema corte rinviò il caso a Perugia per rideterminare la pena, poi ridotta a 20 anni. I giudici parlarono di “doppiezza e falsità”, descrivendo le condizioni psicologiche su cui si era sviluppata la furia assassina di Parolisi, un profilo che ancora oggi gli consente senza ritegno di parlare di Melania addossandole quasi la colpa dei suoi tradimenti. «Volevo solo stare bene e godermi la mia famiglia - ha detto davanti alle telecamere di “Chi l’ha visto?”-. La verità è stata che lei se ne andava e poi veniva. Tornava a casa sua, rimanevo solo». 
Esternazioni senz’altro inopportune e forse anche proibite, se è vero - come obietta l’avvocato Mauro Gionni per la famiglia Rea - che per rilasciare interviste Parolisi avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al Tribunale di sorveglianza.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA