Castelli cerca un asse tra Marche e Umbria: «Crisi anche qui, dateci i soldi e le decontribuzioni del Sud»

Castelli cerca un asse tra Marche e Umbria: «Crisi anche qui, dateci i soldi e le decontribuzioni del sud»
Castelli cerca un asse tra Marche e Umbria: «Crisi anche qui, dateci i soldi e le decontribuzioni del sud»
di Andrea Taffi
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Martedì 6 Aprile 2021, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 16:25

Guido Castelli, assessore regionale al Bilancio: ha letto il rapporto Svimez sul secondo Mezzogiorno che si è creato nel centro Italia?
«Certo. Svimez ha certificato statisticamente quel che noi già sapevamo. Adesso le considerazioni sono inconfutabili. C’è un terzo d’Italia, in particolare Umbria e Marche, che pur non essendo Sud, ha numeri anche peggiori certe zone del Sud, penso a pezzi di Campania e di Puglia. La crisi è strutturale quindi questa parte di territorio per almeno qualche anno, diciamo fino al 2026 chiede lo stesso armamentario di sgravi e agevolazioni che ha il Sud». 

Addirittura. Come siamo arrivati fin qui?
«Per colpa delle crisi dei sub prime prima e dei debiti sovrani poi. Quindi è arrivato il sisma e infine la crisi sanitaria. Un accidente della storia dietro l’altro: dopo la ferocia della globalizzazione sono arrivate le martellate nelle ginocchia con la pandemia». 

Venga al punto.
«Il punto di un dato sistemico così sconcertante è che siamo difronte a una questione nazionale.

Un tema che deve avere una rappresentanza politica. Quindi le due Regioni e i 24 parlamentari delle Marche e i 16 umbri devono comporre un coordinamento strategico, che potrebbe allargarsi anche all’Abruzzo, per intestarsi la questione della specialità di questa area che ha tutte caratteristiche per riagganciarsi al Centro-Nord».

Il tema della rappresentanza a Roma va quindi riscritto da zero.
«Ne sono fortemente convinto. Qui non si tratta di avere un uomo forte, non c’è una sindrome di Gissi (Gissi è il paese natio di Remo Gaspari, già ministro delle Telecomunicazioni, famoso per aver assunto migliaia di abruzzesi alle Poste, ndr). Ci sono due regioni con 40 parlamentari che devono fare un coordinamento».

Chi lo guida?
«Acquaroli e Tesei, oppure la Regione più grande cioè le Marche. Perché fra l’altro oltre al miliardo e 700 milioni di fondi aggiuntivi per il terremoto che il Recovery Plan prevede, Marche e Umbria possono chiedere l’assimilazione a quella clausola che, lo ho sottolineato nei giorni scorso il ministro Carfagna, dà precedenza al Sud per la decontribuzione al 30%. Una misura fondamentale».

Sarebbe come fare bingo.
«Anche perché Marche e Umbria sono regioni in transizione ma solo a valere dalla prossima programmazione dei fondi europei, la 21-27. Qui invece si agisce sul costo del lavoro che è un tema decisivo».

Perché proprio il tema del lavoro, quando ci sono diverse leve su cui poter agire.
«Se in Italia il costo unitario del lavoro è 25 euro all’ora, la decontribuzione porta questo costo a 15 euro. E così cambia la vita di un’industria. Oppure una multinazionale che deve impiantare uno stabilimento potrebbe essere attirata».

Castelli non è che lei sta svendendo fuori mano un patrimonio conquistato sul terreno della concorrenza?
«No, assolutamente. Prendo atto di una fotografia e non devo impetrare nessun privilegio. Ci sono imprenditori importanti delle Marche che stanno pensando al reshoring (fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato, ndr). Non è elemosima, è un diritto, quasi».

Ma agevolando non si sgonfia la capacità competitiva di un sistema?
«Quello della decontribuzione è un lato dell’azione. Le Marche devono essere capaci di progettare una strategia nuova per Appennini e aree interne. Il terremoto deve portarci a un salto di contemporaneità: ricostruire aree interne, ripensare le scuole con tutte le caratteristiche energetiche e funzionali, i trasporti, la telemedicina: va tutto proiettato nel futuro». 

In giro si vede poco di questa roba.
«Infatti noi vogliamo che la nostra ricostruzione diventi un modello di intervento per tutte le aree interne e si allacci alla strategia pensata su porto, aeroporto e interporto di Ancona. Il perno, cioè, di questa strategia». 

Si spieghi.
«Valorizzare il punto di congiunzione tra Marche ed Europa. La rete Ten-t delle vie di comunicazione si arricchirà e ingloberà queste strutture». 

Scusi veniamo da anni di nanismo politico del territorio: dove sono le risorse umane e di leadership per fare quello che lei dice?
«Sono due questioni diverse: la leadership viene dal coordinamento strategico tra Marche e Umbria secondo una strategia da trasferire sui 40 parlamentari marchigiani e umbri».

E le risorse umane?
«C’è una palestra di confronto che si sta creando nelle Marche per evitare di cadere sempre nelle lamentazioni di Giobbe: il sisma. La ricostruzione può diventare un’occasione per modellare una nuova strategia sulle aree interne. Applichiamo la modernità alle aree interne».

Faccia qualche esempio.
«Abbiamo fatto in modo che la scuola di pubblica amministrazione della Regione si estendesse agli ammistratori locali. All’ultimo seminario hanno partecipato 200 funzionari e amministratori locali: due giorni su come si progetta nel nuovo sistema europeo. Vogliamo creare un centro di competenza da offrire al sistema pubblico».

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