L'invenzione del prof Bruno Siciliano: «L’uomo non si clona, il mio robot fa la pizza ma non sa decidere»

Il docente di Robotica ha inventato un automa capace di impastare focacce «E l’intelligenza artificiale insegnerà alle macchine un linguaggio per dialogare»

L'invenzione del prof Bruno Siciliano: «L’uomo non si clona, il mio robot fa la pizza ma non sa decidere»
L'invenzione del prof Bruno Siciliano: «L’uomo non si clona, il mio robot fa la pizza ma non sa decidere»
di Lucilla Niccolini
3 Minuti di Lettura
Sabato 27 Gennaio 2024, 04:25 - Ultimo aggiornamento: 11:22

ANCONA - Con l’aiuto dell'intelligenza artificiale potremo esprimere meglio la nostra intelligenza naturale. Come raggiungere questo obiettivo, è stato spiegato giovedì sera alla Loggia dei Mercanti, nell’evento su “Robotica, Intelligenza Artificiale e 5G: il futuro che stiamo sperimentando”. Organizzato dal Rotary Club Ancona Conero, con il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione della Politecnica Marche, l'incontro verteva su un tema che affascina e spaventa. A rassicurare sul futuro digitale è intervenuto il professor Bruno Siciliano, docente di Robotica alla Federico II di Napoli, che per il ritardo del volo, si è collegato in streaming. Gli ha portato i saluti della città l'assessore comunale ai Servizi Sociali Manuela Caucci, dopo l'introduzione del presidente del Rotary Club, dottor Roberto Trignani.

Il rettore

Il rettore Gian Luca Gregori ha dato il benvenuto all’ospite con un video messaggio e a illustrarne il prestigioso curriculum è stato il prof Domenico Ursino, docente di Ingegneria Informatica della Politecnica delle Marche. «La rivoluzione dei robot potrà aiutarci a riaffermare la caratteristica meno artificiale del mondo: la nostra umanità»: così il prof Siciliano ha concluso la sua ampia relazione. Aveva iniziato con la storia di un sogno: «Da sempre, l’uomo, con la mitologia poi con la fantascienza, ha cercato di immaginare esseri che sapessero aiutarci nelle nostre azioni, agevolarci dove il nostro corpo non arriva. E oggi il robot serve a svolgere lavori in maniera automatizzata, per sostituire o migliorare il lavoro umano». Tra le sue applicazioni, ne ha mostrate alcune tra le più nobili nell'industria manifatturiera, nell'esplorazione terrestre e sottomarina, nell’industria aerospaziale, nella medicina.

L’interAzione

Ma anche nei servizi, come la ristorazione: lo studioso, da partenopeo verace e tifoso del Napoli, ha realizzato un robot capace di preparare la pizza, come il miglior pizzaiolo napoletano. «Il problema resta l'autonomia, perché a fronte di una capacità percettiva e tattile sviluppata, il robot ha scarse capacità decisionali».

Il professore chiarisce il ruolo esecutivo di compiti specifici da parte del robot, mentre l'AI cerca soluzioni e risposte a situazioni. Si apre così un nuovo affascinante campo della ricerca, «in quella che mi piace chiamare “tecnologia dell'InterAzione”, cioè dell'ampliamento delle interconnessioni tra l'uomo e la macchina, delle macchine tra di loro». Ed è qui che entra in gioco 5G, la quinta generazione della banda larga, che permette una comunicazione ultra-affidabile a più alta velocità di ancora più dati, consentendone una bassa latenza. «Grazie a essa il robot potrà essere controllato in tempo reale anche a grande distanza: essere collegato ad altri robot, a macchine che li integrano, a persone, a livello locale e globale».

L'interdipendenza e il dialogo con l’uomo farà dei robot “creature sociali”? Un paradosso o una rivoluzione? È stato il professor Andrea Monteriù, docente associato di Automatica alla Politecnica delle Marche, direttore scientifico del Laboratory of Artificially Intelligent Robotics, a chiarire: «L’intelligenza artificiale ha un alto potenziale cognitivo, capace di governare le azioni specifiche del robot. La possibilità di dialogare in tempo reale permetterà a macchine dalle competenze diverse, di comprendersi. E addirittura potrebbero inventare nuovi linguaggi, incomprensibili agli uomini. Un rischio calcolato: una nuova rivoluzione non deve mai fare paura, ma stimolare la ricerca».

© RIPRODUZIONE RISERVATA