Strage nel mare Adriatico, affonda il rimorchiatore: tre morti e due dispersi, salvo solo il comandante. «Li ho visto volare in acqua»

Strage nel are Adriatico: tre morti e due dispersi, salvo solo il comandante. «Li ho visto volare in acqua»
Strage nel are Adriatico: tre morti e due dispersi, salvo solo il comandante. «Li ho visto volare in acqua»
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Venerdì 20 Maggio 2022, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 15:57

ANCONA -  L’Sos è stato lanciato alle 20.51 di mercoledì, mentre il mare in tempesta ruggiva a forza 5. Non dall’equipaggio del rimorchiatore che, inghiottito da onde alte tre metri a 53 miglia dal porto di Bari, al limite tra le acque italiane e croate, non ha fatto neppure in tempo a dare l’allarme, bensì dal pontone che veniva trainato verso l’Albania. «Mayday, stiamo affondando». Il preludio di una tragedia.

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Tre corpi sono stati recuperati dalla task force dei soccorsi: sono quelli di due anconetani d’adozione - il motorista Luciano Bigoni, 64 anni, nato a Civitanova e il marò Andrea Massimo Loi, 57, origini sarde - e del comandante in seconda Ahmed Jelali, 63enne tunisino residente a Pescara.

Restano dispersi due loro colleghi baresi, il macchinista Mauro Mongelli (58) di Molfetta e il nostromo Sergio Bufo (60) di Terlizzi. Si è salvato solo Giuseppe Petralia, catanese di 63 anni, il comandante del rimorchiatore anconetano Franco P. della Ilma che lunedì sera era partito dal porto dorico per trainare a Durazzo il pontone su cui navigavano 11 uomini, tutti sfuggiti miracolosamente a quell’inferno blu. Tra loro, anche un macchinista di 48 anni di Cupra Marittima e un giovane allievo ufficiale anconetano, non ancora ventenne, d’origine nordafricana: hanno potuto riabbracciare i familiari nella notte appena trascorsa, dopo un lungo viaggio di ritorno sulla terraferma, a bordo della chiatta rimasta per quasi 15 ore in balia delle onde e riportata a Bari da due rimorchiatori. 


I contorni della tragedia saranno chiariti dalla Procura di Bari, che con i pm Roberto Rossi e Luisiana Di Vittorio ha aperto un fascicolo, per ora contro ignoti, ipotizzando i reati di naufragio e omicidio colposo plurimo. Determinante sarà il racconto del comandante Petralia, tratto in salvo dopo circa un’ora e mezzo dall’Sos: era rannicchiato su una scialuppa gonfiabile fuori controllo. Ora è ricoverato all’ospedale Di Venere di Bari: sta bene ma è sotto choc. A chi l’ha avvicinato ha chiesto subito dove fossero i compagni: «Li ho visti cadere in mare, poi più niente. Non ricordo, è stato terribile», le poche parole sussurrate. «Entrava tantissima acqua, tantissima» aveva detto, sconvolto, ai soccorritori nella immediatezza del salvataggio. Gli inquirenti lo ascolteranno nelle prossime ore. 


Decisive saranno anche le testimonianze degli 11 sopravvissuti che si trovavano sul pontone e hanno assistito impotenti alla tragedia, come spettatori del Titanic. Il comandante regionale della Guardia Costiera Puglia, ammiraglio Vincenzo Leone, parla di un affondamento-lampo, la cui «repentinità non ha consentito all’equipaggio di utilizzare i mezzi di salvataggio» e nemmeno di lanciare il mayday che, infatti, «non è arrivato dal rimorchiatore, ma dal motopontone che si è accorto della situazione di emergenza e subito dopo aver lanciato l’allarme ci ha comunicato che il rimorchiatore era già affondato». 


La Capitaneria di porto di Bari ha coordinato le ricerche che hanno dirottato sul luogo del disastro 5 mercantili e hanno impegnato diversi mezzi Sar della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, oltre ad aerei della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare e dell’aviazione croata. Durante le operazioni notturne, complesse per il mare molto mosso, la motonave croata Split ha recuperato l’unico superstite della Franco P. 

Le ricerche, condotte in mare e dal cielo su un’area di 90 miglia quadrate, ieri mattina hanno permesso di recuperare i primi due cadaveri e un terzo attorno alle 13. Le tre salme, quelle dei due anconetani e del tunisino di Pescara, attorno alle 18 sono sbarcate al porto di Bari, trasportate da una motovedetta, per il drammatico rito del riconoscimento da parte dei familiari, accolti dalla Direzione marittima pugliese, con il supporto psicologico e spirituale del parroco della cattedrale barese di San Sabino. 

Un pre-riconoscimento è stato effettuato da un settimo marittimo del Franco P., un ufficiale siciliano che, nonostante figurasse nella lista di imbarco, all’ultimo non è salito a bordo e così si è salvato dalla tragedia. Altri due marittimi pugliesi risultano invece ancora dispersi: non ci sono speranze di ritrovarli in vita. Le autopsie sui corpi recuperati verranno eseguite nelle prossime ore dal professor Franco Introna e dal dottor Antonio De Donno dell’istituto di medicina legale dell’Università di Bari. Sulle cause del repentino affondamento c’è massimo riserbo. «Speriamo di avere qualche elemento in più nel momento in cui riusciremo ad ascoltare con maggiore serenità l’unico sopravvissuto dell’equipaggio di 6 persone» riferiva ieri il l’ammiraglio Leone. Tra le ipotesi plausibili, uno scontro provocato dal mare grosso tra il rimorchiatore e il pontone, che si sarebbe riuscito a sganciare appena in tempo prima di essere trascinato negli abissi del mare. E allora la strage nell’Adriatico avrebbe assunto proporzioni ancor più tragiche. 

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