ANCONA - Un turn over forzato che rischia di mettere in crisi i settori espressione delle nostre eccellenze. Tra il 2023 e il 2027, il mercato del lavoro marchigiano richiederà 103.100 addetti, di cui 75.100 in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. Parliamo di un 72,8% del totale, un punto percentuale sopra la media italiana. Con il progressivo invecchiamento della popolazione e il mancato ricambio generazionale si rischia l’effetto domino sul sistema produttivo e a faticare di più saranno proprio i segmenti che hanno reso grande il made in Italy.
Le criticità
Secondo lo studio elaborato da Confartigianato su dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, le filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione entro i prossimi 5 anni si saranno la moda (91,9%), l’agroalimentare (93,4%) e, in particolar modo, il legno-arredo (93,5%).
Il punto debole
Quello che finora è stato il nostro punto di forza potrebbe ora trasformarsi nel punto debole. «Questo pensionamento massiccio di operatori che hanno una grande professionalità creerà problemi non indifferenti - prosegue nel ragionamento Gasparoni -. Dobbiamo formare nuove figure che li sostituiscano, oltre ai fabbisogni che già ci sono, perché siamo sotto organico. Quindi c’è grande preoccupazione».
Le richieste
Per invertire il pericoloso trend «servono interventi strutturali e risorse da declinare sulla formazione. Ricordo che il 99,4% del tessuto produttivo marchigiano è fatto da piccole imprese: è il motore economico e richiede a maggior ragione più attenzione». Il binomio formazione&lavoro, con il mismatch tra domanda del mercato e offerta non è un problema nuovo ma con il pesante turn over in atto non potrà che acuirsi. «Servirebbe una formazione concreta dei giovani - abbozza una ricetta il segretario di Confartigianato - declinata sulle opportunità di lavoro che ci sono nelle piccole imprese. Se non ci rimettiamo sui giusti binari, rischiamo di desertificare il tessuto produttivo delle nostre eccellenze: non serve fare formazione fine a se stessa, solo per pagare i docenti. Deve essere pensata per arricchire le competenze che servono all’economia».