Caos Pd, Mangialardi si arrocca: i consiglieri regionali non lo sfiduciano. Volano insulti tra Vitri e Cesetti

Caos Pd, Mangialardi si arrocca: i consiglieri regionali non lo sfiduciano. Volano insulti tra Vitri e Cesetti
Caos Pd, Mangialardi si arrocca: i consiglieri regionali non lo sfiduciano. Volano insulti tra Vitri e Cesetti
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 27 Marzo 2024, 03:10 - Ultimo aggiornamento: 15:53

ANCONA Per la serie: c’eravamo tanto odiati. Gli appelli all’unità che arrivano da ogni dove si scontrano con la tafazziana propensione del Pd a crearsi nemici interni. La notte dei lunghi coltelli che è andata in scena lunedì sera nella direzione regionale ad Ancona ha messo nel mirino il capogruppo Maurizio Mangialardi, bersaglio ricorrente nella durissima relazione della segretaria Chantal Bomprezzi che ne ha chiesto le dimissioni. Ieri a Palazzo Leopardi è invece stato girato il sequel della soap opera: nell’ufficio di Andrea Biancani sono volati stracci tra i sei rivoltosi della minoranza dem. Urla, bordate e Micaela Vitri e Fabrizio Cesetti arrivati ai ferri corti. Ma niente dimissioni per ora: il capogruppo ha preso tempo fino a dopo Pasqua. In attesa del finale di stagione, riavvolgiamo il nastro e torniamo alla direzione, ripercorrendo il j’accuse lanciato dal palco da Bomprezzi all’indirizzo di Mangialardi.

I distinguo

Da una parte, nella sua relazione la segretaria ringrazia i consiglieri regionali Carancini, Mastrovincenzo (che l’hanno sostenuta nella fase congressuale) e Cesetti (che essendo dell’area Cesetti, sta bene un po’ dappertutto), e cita Anna Casini - molto vicina a Mangialardi - per l’ottimo lavoro di opposizione fatto sulla Legge Urbanistica.

Per il resto, sul gruppo regionale dem si è scatenata l’ira funesta. «Il gruppo consiliare non può essere percepito all’esterno come l’alter ego del partito», ha tuonato Bomprezzi, per poi mirare ad alzo zero su Mangialardi. «Il capogruppo è voce del Pd nelle istituzioni regionali. La sua voce difficilmente potrà farsi sentire con la forza che dovrebbe se viene percepito all’esterno come antagonista alla segretaria». Dopo l’appunto sull’impossibilità di un dialogo tra le due figure, la relazione della segretaria parte con l’elenco delle mancanze: «Troppo spesso ci troviamo a dover rincorrere decisioni non condivise di cui non veniamo a conoscenza in tempo utile, a dover subire attacchi strumentali, a leggere di operazioni fatte all’ombra dei colleghi o negando la firma di atti». Poi la stoccata finale: «È evidente che sia venuto a mancare quel rapporto di fiducia fondamentale tra il capogruppo e il partito, che per essere ricostruito ha bisogno di un cambio di passo e di guida, con un gesto di responsabilità». La parola chiave è: dimissioni.

Le posizioni

Il documento è stato approvato dalla maggioranza della direzione: 23 voti favorevoli, mentre la minoranza non ha partecipato. Le ragioni per cui non abbia votato contro le spiega la relazione di Michela Bellomaria, sfidante di Bomprezzi al congresso e ora riferimento della minoranza: «Bomprezzi è la segretaria di tutto il Pd, quindi anche della minoranza». E aggiunge: «Siamo disponibili a percorrere la strada dell’unità nelle forme e nei modi che la segretaria saprà indicarci». Un patto tra maggioranza e minoranza che taglia fuori i consiglieri regionali ribelli. I sei - Mangialardi, Casini, Biancani, Vitri, Bora e Cesetti - che hanno sottoscritto il dossier al centro di un incontro, lo scorso febbraio, con la segretaria nazionale Schlein in cui si picchiava duro su Bomprezzi. Ora si sentono accerchiati e ieri, a margine dei lavori del Consiglio regionale, si sono alzati parecchio i toni. In particolare, Vitri ha rovesciato fiele su Cesetti perché, da ispiratore del dossier, non ha difeso Mangialardi durante la direzione. Anzi, ha preso le distanze dal documento nel tentativo di riposizionarsi per avvicinarsi a Bomprezzi.

La replica del dem: «Toccava a Ricci difenderlo», derubricando Vitri e Biancani a meri esecutori delle volontà del sindaco di Pesaro. Cosa che ha irritato non poco la consigliera pesarese. Ne è nato un acceso botta e risposta (eufemismo) che ha suscitato l’interesse dei frequentatori di Palazzo Leopardi, tanto erano alti i decibel. Si è poi cercato di gettare acqua sul fuoco nel secondo tempo: un incontro bis, questa volta anche con Mastrovincenzo e Carancini, da cui si è usciti con un rinvio della discussione a dopo Pasqua. L’agnello sacrificale Mangialardi - a proposito di Pasqua - si è arroccato e cerca di guadagnare tempo. L’idea è rimettere la decisione nelle mani dei consiglieri sperando di avere ancora la maggioranza. Ma il Pd è famoso per i franchi tiratori e incombe la questione delle elezioni Regionali, Ricci, che sogna da governatore, potrebbe cercare il patto con Bomprezzi sulla testa di Mangialardi, chiedendo ai due consiglieri pesaresi di unirsi a chi vuole sfiduciarlo. E Cesetti, che pure guarda a Palazzo Raffaello con interesse, ha tutto l’interesse di riappacificarsi con la segretaria. E Mangialardi - di sicuro non il più colpevole - resterebbe con il cerino in mano.

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