Sequestro Clabo, l'ira di Bocchini: «Sigilli tolti dalla Cassazione ma di giustizia si può fallire»

Sequestro Clabo, l'ira di Bocchini: «Sigilli tolti dalla Cassazione ma di giustizia si può fallire»
Sequestro Clabo, l'ira di Bocchini: «Sigilli tolti dalla Cassazione ma di giustizia si può fallire»
di Maria Cristina Benedetti
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Giovedì 15 Dicembre 2022, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 15:25

ANCONA - Fuori dal baratro. La Cassazione chiude il capitolo del maxi sequestro Clabo. Per sempre. Pierluigi Bocchini, da presidente e ad di una società leader mondiale delle vetrine espositive professionali, si erge a metafora. «Sullo sfondo rimane la mia vicenda, ma per fare una riflessione seria su come le imprese si trovano a lavorare». 

Un veloce ripasso: a luglio il tribunale di Ancona aveva messo sotto chiave 1,6 milioni nell’ambito di un’inchiesta sui fondi derivati da un finanziamento Simest destinato alla Clabo Holding Usa. 
«Vorrei ricordare che siamo quotati in Borsa.

Quel giorno ero negli Stati Uniti: mi chiamarono alle tre di notte, in Italia erano le nove, per avvertirmi che tutti i conti correnti e le linee di credito della mia azienda erano stati bloccati. Congelati».

Il buio totale? 
«Non avevamo più un euro a disposizione, senza sapere il perché di un sequestro preventivo che si riserva a reati ascrivibili a fatti di mafia. La notifica del provvedimento sarebbe arrivata diversi giorni dopo».

La reazione? 
«Abbiamo dovuto comunicarlo al mercato. Subito. Ribadisco: siamo a Piazza Affari. Il titolo è crollato. I fornitori pretendevano d’essere pagati immediatamente, non intendevano rischiare. I clienti non erano più certi di voler acquistare da noi».

I dipendenti? 
«Erano allo sbando: 350 le famiglie coinvolte». 

Un procedere a fari spenti nella notte. 
«Sono riuscito a capire qualcosa dalle chiacchiere filtrate dagli istituti finanziari».

Voci di corridoio?
«Esatto».

Ora cosa pretende? 
«Non sta a me giudicare l’impegno dell’autorità giudiziaria, ma vorrei far notare che dopo 15 giorni il Riesame aveva revocato il provvedimento all’80%. Il residuo, dopo tre mesi. Non sono per la responsabilità civile dei magistrati: non possono agire con la minaccia della tagliola, ma quando si tratta di imprese si deve avere un filtro».

Si spieghi.
«Un sequestro preventivo si applica nel caso si stia indagando su un delinquente che potrebbe fuggire. Clabo no: sta qui da oltre 60 anni e speriamo che ne rimanga altri cento . Dove mai sarebbe scappata?».

Gli effetti collaterali? 
«Siamo rimasti quattro mesi e mezzo senza un quattrino. Il giudice dispone il dissequestro, ma le banche hanno facoltà di decidere quando sbloccare il denaro».

Cosa mette ancora nel conto? 
«Le energie, il tempo e il denaro spesi per dimostrare quello che oggi viene sancito dalla Cassazione. Sarebbero potuti essere utilizzati per sviluppare business. Gli azionisti, che hanno perso il 20/30% del valore dei titoli che avevano in tasca. Qualcuno, per paura, ha venduto».

Poi l’uscita dal tunnel.
«La Corte suprema è stata perentoria: ha annullato tutto. Punto. Se si dovrà affrontare un processo di merito si vedrà».

È un caso isolato il suo?
«Tutt’altro. Un’azienda del territorio per una circostanza identica ha portato i libri in tribunale. Ha chiuso». 

La morale? 
«La giustizia deve fare il suo corso, ma in materia di imprese, che sono chiamate a essere competitive a livello internazionale, ci vuole maggiore cautela. Ci vorrebbe una sezione di tribunale dedicata».

Nel resto del mondo la storia cambia? 
«È una anomalia italiana. Sa cosa dice il ministro Adolfo Urso?». 

No, lo ricordi. 
«Che siamo eroi. Io aggiungo: anche incoscienti».

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